martedì 14 agosto 2018

#apriamoiporti #apriamolementi #apriamoilfuturo

Su Facebook mi sono imbattuta nell'album Profughi creato da Stefano Casi, che raccoglie le foto di alcune decine di personaggi del presente e del recente passato che sono stati costretti a lasciare il Paese d'origine, accompagnate dagli hashtag #apriamoiporti #apriamolementi #apriamoilfuturo, e ho selezionato le storie che mi hanno colpito di più. Ma ti invito a sfogliarlo tutto, per scoprirne molte altre che sicuramente non meritano di essere ignorate: è tutto davvero interessante... e sì, anche parecchio istruttivo.

Farrokh Bulsara, diciottenne di origine indiana, fugge dal paese in cui vive nel cuore dell'Africa, dove era in corso la guerra civile, e arriva in Inghilterra.
Pochi anni dopo fonda uno dei gruppi musicali più importanti della storia, i Queen. Con il nome di Freddie Mercury.
La musulmana Zara Mohamed Abdulmajid era la figlia di una famiglia benestante, ma ugualmente esposta alle violenze e ai conflitti nella sua Somalia. Da ragazza scappò in Kenya con la famiglia: "Avrei potuto essere in un campo profughi adesso", ha dichiarato dopo aver raggiunto il successo come modella, attrice, imprenditrice e, per le cronache rosa, moglie di David Bowie.
Il suo nome d'arte è Iman.
Ad appena un anno di vita fugge dal Libano con la sua famiglia a causa della guerra civile, e viene accolto a Parigi. Da lì, pochi anni dopo, si trasferirà in Inghilterra. Oggi le sue canzoni fanno ballare milioni di persone.
Il suo nome d'arte è Mika.
E' dovuta fuggire dal Paese in cui era nata, per le persecuzioni razziali. Rifugiata in Francia, aiutò altri profughi come lei, prima che lo sterminio avanzasse e la costringesse a fuggire negli Usa, apolide per molti anni. Filosofa e giornalista, coniò un'espressione che spiega tanto delle aberrazioni di ieri e di oggi: la banalità del male.
Si chiamava Hannah Arendt.
E' stata una stella dello sport come ne compaiono di rarissime, dalla più tenera età, facendo strabiliare il mondo. Ma non è tutto oro quel che luccica. Trascinata nel vortice della dittatura, fugge di notte con altri profughi, a piedi, oltre i confini del suo Paese, dichiarando poi: "ho rischiato di morire quella notte, certo, ma ho conquistato la libertà, che è il bene più prezioso per tutti, ricchi e poveri".
Il suo nome è Nadia Comaneci.
Marie Jana Korbelová dovette fuggire da Praga a un anno di vita con la famiglia, incalzata dal nazismo e dalla guerra, rifugiandosi in Inghilterra. Ritornata nel suo Paese, dovette scappare nuovamente a 11 anni all'avvento del comunismo, riparando negli Usa. Dove ebbe una folgorante carriera politica, diventando la prima donna Segretario di Stato.
Il suo nome attuale è Madeleine Albright.
Una celebrità mondiale, uno scienziato di prima grandezza, un fisico premiato col Nobel, ma pur sempre un ebreo e per giunta antimilitarista: troppo per la Germania nazista. Così, anche lui dovette rifugiarsi altrove, negli Usa, senza mai più tornare in Europa.
Lo scienziato in questione è Albert Einstein.
A 14 anni è costretto a lasciare la sua città, in una delle grandi espulsioni di massa del dopoguerra, e a riparare prima a Brindisi e poi a Venezia. Diventerà uno dei cantautori più raffinati. E lo ricorderà in uno dei suoi brani più struggenti: "Da quella volta non ti ho trovato più / Strada fiorita della gioventù / Come vorrei essere un albero che sa / Dove nasce e dove morirà".
Si chiamava Sergio Endrigo.
I genitori decidono di uscire dalla Russia e riescono ad arrivare negli Usa con difficoltà. Lui ha solo 6 anni. Ricorderà più avanti: "Venivamo dal Paese peggior nemico degli Usa e hanno avuto il coraggio di prenderci come rifugiati". A 24 anni decide di fondare con l'amico Larry una di quelle tante aziendette internettare con poche prospettive.
Il suo nome è Sergey Brin, e quell'aziendetta è Google.
Le sue poesie e i suoi testi teatrali infastidivano i nazisti che avevano appena conquistato il potere. Dovette fuggire dalla Germania prima che gli eventi precipitassero, mentre dietro di lui i suoi libri venivano bruciati. Alla fine della guerra, pure dagli Usa fu obbligato ad andarsene rifacendo il percorso a ritroso: il suo comunismo era "anti-americano"...
Si chiamava Bertolt Brecht.
Stava completando la specializzazione in neurologia, quando le leggi razziali la obbligarono a fuggire dall'Italia in Belgio. Ma quando i nazisti invasero questo Paese, decise coraggiosamente di tornare per proseguire nelle sue ricerche, nascondendosi e scappando dove possibile. Ebbe poi una vita lunga e straordinaria, coronata dal premio Nobel per la medicina.
Era Rita Levi Montalcini.
Tre giovani militari in fuga dall'avventura bellica fascista: meglio essere rifugiati fuori dal proprio Paese che servire la Repubblica di Salò. Si conobbero e diventarono amici in un centro accoglienza profughi in un paesino svizzero. Poi, tornati in Italia, uno diventò raffinato regista e commediografo, un altro il padre della commedia all'italiana e il terzo il più grande regista teatrale italiano nel mondo.
Erano Franco Brusati, Dino Risi e Giorgio Strehler.

Nessun commento:

Posta un commento