domenica 8 maggio 2022

Sarò sempre tua figlia

La festa della mamma è un giorno triste per chi come me non ha (non ancora, e probabilmente non ce l'avrò mai) un figlio o una figlia che possa riempire di gioia questa giornata, e non ha più una madre a cui fare gli auguri e a cui regalare l'Azalea della Ricerca; mia mamma ci teneva tanto, l'ultima gliel'ho fatta recapitare due anni fa in pieno lockdown, ma continuo e continuerò a prenderla ogni anno pensando a lei, e a papà che se non avesse avuto il cancro sarebbe rimasto con noi ancora un altro po' di tempo.

Celebro questa ricorrenza riportando il testo di Mamma Emilia, poesia che Erri De Luca ha dedicato alla sua genitrice e che nel video qui sotto declama con la sua voce...

In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.
In te sono passato da cellula a scheletro,
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.
Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota, perché il vuoto
l'ho portato con me
.
Sono venuto nudo, mi hai coperto,
così ho imparato nudità e pudore,
il latte e la sua assenza.
Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l'inventa il figlio sbattendo le due labbra,
quella la insegna il figlio.
Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.
Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe,
non ti ho fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio.
Da te ho preso gli occhi chiari,
non il loro peso.
A te ho nascosto tutto.
Ho promesso di bruciare il tuo corpo,
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco,
fratello del vulcano che ci orientava il sonno.
Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone,
all'ora dell'arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.

... e un brano di Ugo Cornia, tratto dal libro Buchi, che un mio contatto ha condiviso su Facebook.

11 novembre che è morta la mamma? Che dicevo sempre: la scorderò mai questa data? L'ho scordata. Era sabato, quello me lo ricordo benissimo. Data forse il 9. Non cambia niente, più di tanto, per sostanza emozionale della cosa. Cancellato il rituale. Basta. Tanto altri rituali, ce n'è duecentomila. Niente più di così. Rituali, rituali – sei andato al cimitero? – no, non ci sono andato. Ho il cimitero nel cervello. Anche se non ci vado è uguale – Vero, com'è vera questa cosa. Cazzo vado a farci al cimitero, che è uguale. Ci vai, non ci vai, è uguale. Anzi, domani ci vado di corsa proprio perché andarci o non andarci è uguale.

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