mercoledì 18 maggio 2022

Andare dal dottore ai tempi del web

Qualche mese fa il mio medico curante – anche se è una donna non mi piace chiamarla "medica", con buona pace di Vera Gheno che tira in ballo l'erba medica, sebbene a quanto pare quest'ultima si chiami così perché originaria della Media – ha sospeso il comodissimo servizio WhatsApp, presumibilmente perché veniva subissata di messaggi anche vocali a tutte l'ore e non riusciva a starci appresso. Per richiedere una ricetta o prendere un appuntamento ho dovuto di nuovo fare ricorso all'odiato telefono, mettendo in conto attese imprevedibilmente lunghe prima che riuscissi a trovare la linea libera e la dottoressa potesse rispondermi.

Questo finché lei non ha aderito alla piattaforma sanitaria MioDottore. Tramite l'apposita app posso comodamente prendere appuntamenti – l'ultimo proprio per stasera, e due giorni fa ho ricevuto un promemoria – sia con lei che con vari specialisti, e mandarle messaggi testuali con tanto di allegati, ricevendo addirittura risposta (!). L'accesso agli sportelli amministrativi per l'accettazione prelievi ed altri servizi ospedalieri posso prenotarlo tramite il servizio Zerocoda, e visite ed esami li prenoto tramite l'apposito portale di Regione Lombardia. Una figata spaziale, vero?

Ne ero assolutamente entusiasta... finché la vignetta qui sotto, dai toni abbastanza cupi, non mi ha mostrato l'altra faccia della medaglia.

Per fissare un appuntamento, doveva prima aggiornare il sistema operativo, scaricare un'app, ottenere un nome utente, scegliere una password, accedere a un portale sanitario, navigare fino ai messaggi e scrivere al suo medico... A quel punto era troppo tardi.

Magari la vignetta descrive una situazione un tantino estrema: per quanto gli anziani possano avere mediamente poca dimestichezza con le "diavolerie tecnologiche", voglio sperare che nessuno (o quasi) sia così solo da non avere un parente, amico o conoscente a cui chiedere aiuto... e soprattutto, mi auguro che nessuno di questi ultimi ne approfitti per chiedere qualcosa in cambio dell'assistenza offerta! Comunque sì, cercare di tenersi al passo con le nuove tecnologie è sempre una buona cosa. Non solo perché mi sembra auspicabile essere il più possibile autonomi, ma anche perché questo genere di incombenze contribuisce a tenere allenato il cervello... e lo spirito.

2 commenti:

  1. Neppure io richiedo ricette al mio medico tramite whatsapp, generalmente lo faccio via mail, nella quale indico il farmaco che mi serve e la farmacia a cui spedire la ricetta per via telematica. Molto comodo. Per quanto riguarda la declinazione femminile di medico, sì, effettivamente "medica" suona piuttosto male, ma credo sia fondamentalmente una questione di abitudine. Vera Gheno, che io stimo molto, sta conducendo da tempo una attiva battaglia in questo senso, battaglia che io condivido ma che, a volte, dà l'impressione di rasentare il fanatismo.

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    1. A interagire con la mia dottoressa via mail ci ho rinunciato: le avevo scritto due o tre volte, aspettandomi una risposta, ma niente. Quando in seguito ci ho parlato le ho chiesto "L'ha letta la mia mail?". "Sì, sì". Ah, annamo bbene... ;-)
      Anche "ingegnera" suonava male, a me che lo sono, ma appunto è una questione di abitudine: la regola grammaticale è la stessa di "infermiera", ma su questo termine, che denota una professione svolta in prevalenza da donne, chissà perché nessuno ha nulla da eccepire. Quanto a "medica", secondo il dizionario che ho linkato si dice (ancora) "medico" anche in riferimento a donne. Se è vero quello che c'è scritto su Wikipedia, per sostenere l'utilizzo del sostantivo "medica" Vera ha usato un'argomentazione priva di fondamento, e sinceramente da lei non me lo sarei aspettato. Per il resto condivido le sue battaglie, compresa quella sullo schwa... anche se dubito che prenderà mai piede nel parlato: riguardo alla comunicazione scritta, sui social mi capita di utilizzare quello che trovo sulla tastiera dell'androide, probabilmente in maniera scorretta perché in teoria quello dovrebbe sostituire il maschile plurale sovraesteso, mentre io in genere lo uso al singolare.

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