domenica 1 maggio 2022

Parliamo di lavoro

In occasione della festa dei lavoratori, celebrata dall'odierno Google Doodle, ritengo che tornino di stretta attualità le dichiarazioni rilasciate di recente da Alessandro Borghese, che hanno suscitato un certo scalpore. Lo chef nato dal matrimonio dell'attrice Barbara Bouchet con l'imprenditore Luigi Borghese – non proprio uno venuto su dal nulla, insomma – parlando delle difficoltà riscontrate nella ricerca di personale ha affermato che i ragazzi «Preferiscono tenersi stretto il fine settimana per divertirsi con gli amici. E quando decidono di provarci, lo fanno con l’arroganza di chi si sente arrivato. E la pretesa di ricevere compensi importanti. Da subito. Sarò impopolare, ma non ho alcun problema nel dire che lavorare per imparare non significa essere per forza pagati».

Come reazione a tali inaccettabili esternazioni, la deputata PD Giuditta Pini ha riportato alcuni dati su retribuzioni e contratti in Italia.

25% è la percentuale di persone giovani considerate povere. Il loro stipendio oscilla tra 0 e 625 €.
86% dei lavoratori e delle lavoratrici hanno firmato contratti sotto i 180 giorni. Quasi la metà di tutti i contratti attivati ha una durata tra uno e sei mesi.
20 sono gli anni da cui in Italia gli stipendi non crescono secondo la CGIL.
30.028 è lo stipendio medio annuo in Italia. Si tratta di una media, infatti c'è grande differenza tra Nord e Sud.
12.400 è il divario in euro tra lo stipendio medio in Germania e quello in Italia secondo l'OCSE.
+20% è quanto guadagna in più un over 50 rispetto a un under 30.

Le immagini condivise da Giuditta Pini si aprono con il testo "Quanto guadagnano davvero i giovani". In effetti si parla molto di quanto sia difficile per le nuove generazioni, magari neodiplomati o neolaureati, inserirsi nel mondo del lavoro a condizioni dignitose. A mio avviso, comunque, ci si dovrebbe occupare di più anche del problema dei lavoratori di non così verde età, magari con famiglia e figli a carico, che l'impiego lo perdono, e per varie ragioni – competenze professionali non più al passo con le richieste del mercato del lavoro, impossibilità di accedere agli incentivi per l'inserimento dei giovani... – stentano a trovarne un altro per tirare avanti. Riguardo alle difficoltà incontrate dalle donne nel conciliare vita privata e professionale, come ho scritto l'altro giorno, mi auguro che il caso di Samantha Cristoforetti finisca per diventare la regola, e non solo una felice eccezione.

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