lunedì 25 marzo 2019

75 anni e sembra ieri


Ieri ricorreva il settantacinquesimo anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, ossia l'uccisione di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, trucidati a Roma il 24 marzo 1944 dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l'attentato partigiano di via Rasella, compiuto il 23 marzo da membri dei GAP romani. Merita senz'altro la più ampia condivisione il post pubblicato da Galatea per l'occasione.
24 marzo 1944, le Fosse Ardeatine.
Caddero. Uccisi barbaramente, un turno dopo l’altro, in una esecuzione spietata e metodica. Portati l’interno della galleria oscura, fatti inginocchiare. I primi sulla nuda terra, gli ultimi, i più sfortunati, fatti arrampicare sul cumulo dei corpi di chi era venuto prima.
Erano 335. Ebrei, oppositori politici, forse anche prigionieri comuni. Nella furia di trovare vittime per la rappresaglia a seguito dell’attentato di via Rasella, non si andò troppo per il sottile.
La lista dei loro nomi è pubblica, ma di nove ancora nemmeno siamo riusciti a capire chi fossero, o perché finirono li. Gli ultimi cinque erano addirittura di troppo, ma furono uccisi comunque, perché a quel punto “avevano visto tutto” e dopo la guerra sarebbero stati scomodi testimoni.
Il 24 marzo del 1944 si consumò a Roma il massacro delle fosse Ardeatine, ultimo colpo di coda dei nazisti e dei fascisti, inutile vendetta consumata contro un popolo che non li voleva più.
Di lì a poco la città sarebbe stata abbandonata, e le guerra civile sarebbe continuata al Nord.
Ma loro morirono nel buio delle cave, freddati da un colpo di pistola. Resta di loro la memoria e questa lapide.
Che oggi sembra troppo ottimistica, perché alle volte si ha l’impressione che da tutto il male che abbiamo vissuto e sopportato abbiamo imparato poco. O addirittura nulla.
Uno dei protagonisti di quest'orrenda pagina di storia del '900 si chiamava Albert Kesselring, ed era «il comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia. Nel 1947 fu processato per crimini di guerra e fu condannato a morte. La condanna fu poi commutata nel carcere a vita. Nel 1952 fu liberato per via delle sue condizioni di salute e dopo il suo ritorno in Germania disse che gli italiani dovevano essergli grati e avrebbero dovuto dedicargli un monumento. Piero Calamandrei, partigiano e politico italiano, scrisse questa epigrafe» (cit. Il Post).
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Infine, a proposito di fascismo, cito l'opinione del filosofo Massimo Cacciari: "Un nuovo fascismo? No, quella fu una tragedia. Per grandi disastri ci vogliono grandi miti. Qui siamo alla farsa".

P.S.: Siccome oggi Wikipedia è irraggiungibile, i link enciclopedici ho dovuto reperirli altrove. Per citare ancora Piero Calamandrei, «La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare». Fatte le debite proporzioni, lo stesso vale per Wikipedia: è quando non posso accedervi che mi rendo conto di quanto mi sia utile se non indispensabile. Anche per questo non posso fare a meno di sostenere lo staff nella sua campagna contro la nuova direttiva sul diritto d'autore, e mi sembra giusto (anzi avrei dovuto cominciare molto tempo fa) iniziare a versare un contributo in denaro alla Wikimedia Foundation.
#saveyourinternet

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