sabato 30 maggio 2020

A parti invertite

A partire dal 3 giugno, a quanto pare, riapriranno come da programma i confini tra le regioni, e a differenza di ciò che si paventava non è previsto alcun vincolo particolare per chi proviene dalla Lombardia. Dovrei essere contenta – e in effetti lo sono – perché finalmente potrò tornare a far visita a mia madre in Abruzzo dopo quasi cinque mesi, ma al tempo stesso non posso fare a meno di mettermi nei panni dei cittadini del resto d'Italia che vedono nei lombardi dei potenziali "untori": del resto questa è tuttora la regione con il numero di gran lunga maggiore di casi di COVID-19 a livello nazionale, e imporre a tutto il Paese le stesse identiche restrizioni che si sono rese necessarie per contenere il contagio da queste parti mi è sembrata un'ingiustizia bella e buona.
Il primo cittadino di Milano Beppe Sala, che apprezzavo parecchio (sono arrivata a dire che avrei voluto averlo come sindaco), nelle ultime settimane ha perso parecchi punti nella mia stima, soprattutto dopo la sparata dell'altro giorno contro la Sardegna che ha proposto una patente di immunità per accogliere chi viene da fuori. Gli ha risposto degnamente su Facebook Valeria Casula, sarda trapiantata a Milano...


... mentre Stefano Andreoli aka Stark è stato più conciso ma efficace.


In particolare, la frase «nulla mi toglie dalla testa che tutti questi amministratori locali che – alternando battutine sul regno di Sardegna a minacciosi "non dimenticheremo" – invocano piena libertà di movimento nel nome del sacrosanto diritto alle vacanze, a parti invertite avrebbero difeso i confini con il lanciafiamme» la sottoscrivo mille volte.
P.S.: Quello che è successo oggi a Milano è inammissibile. Un autentico affronto per tutti noi che, in Lombardia e altrove, abbiamo sempre osservato scrupolosamente le norme anti-coronavirus.

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