L'altro giorno ho guardato questo reel nel quale il divulgatore scientifico Luca Perri presenta un approccio matematico a un concetto che potrebbe sembrare ostico da analizzare in termini quantitativi: la meritocrazia.
Ecco qui di seguito la trascrizione.
In un'azienda conviene promuovere quello bravo oppure un tizio a caso? Ci lamentiamo sempre che in Italia non abbiamo la meritocrazia, e forse abbiamo ragione a non averla... Non è vero, non badate a questa cosa! Però a quanto pare un team italiano di matematici ha scoperto che è meglio promuovere persone a caso in un'azienda per aumentare l'efficienza dell'azienda, piuttosto che promuovere quello bravo.
Ebbene sì, sembra anti-intuitivo, ma pensiamoci un attimo. Immaginiamo di avere una persona a un livello 1 che ha determinate competenze; sono delle competenze che lo portano a eccellere al suo livello 1, quindi il datore di lavoro lo vorrebbe promuovere al livello 2: ha senso? Beh, ha senso se in realtà al livello 2 servono più o meno le stesse competenze, perché se invece servono competenze completamente diverse, che magari la persona al livello 1 non ha, io avrei indebolito il livello 1, perché tolgo uno molto bravo che probabilmente viene sostituito da qualcuno meno bravo, e metto questa persona al livello 2, che però non ha le competenze adatte al livello 2. Quindi ho dato una promozione a uno che non saprà fare il suo lavoro, o magari lo sa fare al livello 2, ma quando poi lo promuovo al 3 si ferma. Quindi praticamente uno farebbe carriera fin quando poi non è il più inadeguato a quel ruolo.
Questo può sembrare, diciamo, non intuitivo. Però pensiamoci un attimo. Immaginiamo un bravissimo magazziniere che io voglio promuovere ad addetto al bancone vendite, solo che è una persona super-timida, quindi io ho tolto un ottimo magazziniere e ho messo una persona che non sa spiccicare due parole al reparto vendite: ho peggiorato l'efficienza della mia azienda.
Quale sarebbe quindi la soluzione? Beh, in realtà sono due. La prima è dovuta al cosiddetto paradosso di Parrondo [che si può esprimere come «Una combinazione di strategie perdenti diviene una strategia vincente», NdC] nella teoria dei giochi. Quindi, se io alterno promuovendo il migliore, il peggiore, il migliore, il peggiore, il migliore, il peggiore, alla lunga ho un'efficienza maggiorata. Voi direte: come può esserci maggiore efficienza anche promuovendo il peggiore? Beh, perché se ho un pessimo magazziniere che però ha la logorrea, io lo tolgo dal magazzino, lo metto al bancone vendite, questo ha trovato la sua strada e mi vende molto meglio. Quindi, prima soluzione: promuovo peggiore, migliore, peggiore, migliore, peggiore, migliore. Seconda soluzione: promuovo a caso. Promuovendo a caso, alla lunga, su diverse promozioni, è matematicamente dimostrato che alla fine l'efficienza dell'azienda migliorerà.
Non so se avrete il coraggio nelle vostre aziende di fare questa cosa, ma sappiate che matematicamente funziona. Quindi abbasso la meritocrazia! No, non è vero, non abbassiamo la meritocrazia, ma quantomeno non utilizziamo quella ingenua. Cioè, sei bravo a fare questa cosa, sarai bravo a fare tutte quelle cose? Non è detto.
Mentre lo guardavo mi è tornato il mente il principio di Peter – che prende il nome dallo psicologo canadese Laurence Peter il quale lo formulò nel 1969 – noto anche come principio di incompetenza, una tesi apparentemente paradossale – talmente tanto che ero convinta fosse una delle leggi di Murphy – che riguarda le dinamiche di carriera su basi meritocratiche all'interno di organizzazioni gerarchiche. Esso può essere concisamente formulato come segue:
In una gerarchia, ogni dipendente tende a salire di grado fino al proprio livello di incompetenza.
E guarda caso, l'articolo citato nel reel di Perri, a firma di Alessandro Pluchino, Andrea Rapisarda e Cesare Garofalo dell'Università di Catania, si intitola proprio The Peter Principle Revisited: A Computational Study (Il principio di Peter rivisitato: uno studio computazionale).
Sì, anche a me è tornato immediatamente in mente il principio di Peter... e un detto latino "Promoveatur ut amoveatur"...
RispondiEliminaSono comunque scettico su questo tipo di ricerche: il motivo è che dipendono fortemente da come hanno simulato il modello di azienda e dei suoi lavoratori. Sappiamo già che non sarà mai equivalente alla realtà ma, un po' come le statistiche, a seconda della modellizzazione, si potranno dimostrare cose diverse.
Il punto che non mi pare emerga da questa ricerca è che si considera l'abilità della stessa persona in due incarichi diversi completamente casuale (indipendente): in realtà credo sia legittimo ritenere che, almeno parzialmente, dipenda dall'intelligenza e quindi la persona intelligente che svolge bene il lavoro 1 è probabile che svolga bene anche il lavoro 2; analogamente lo stupido che svolge male il lavoro 1 è probabile che svolga male anche il lavoro 2.
Un altro aspetto della modellizzazione da tenere presente è il concetto gerarchico che una promozione porta a un lavoro in cui si influenzano più persone della stessa azienda: cioè nel lavoro 1, per esempio, si lavora da soli, al lavoro 2 si dirigono invece 5 persone: svolgere bene o male il lavoro 2 influenza anche in bene o in male il lavoro di dette persone.