domenica 4 agosto 2024

Al Facebook bar

Stasera riporto due spunti tratti dai social, entrambi legati al caso di cui ho parlato l'altroieri, che illustrano chiaramente quanto si possa essere legati alle proprie convinzioni, a tal punto da prendere per buona una distorsione della realtà che la renda conforme alle convinzioni stesse.

L'altroieri una mia "facciamica" scriveva che non si ricordava un'Olimpiade con polemiche così futili e sciocche amplificate e sostenute dalla stampa e cavalcate dai politici italiani come questa. Nei commenti qualcuno ha condiviso l'immagine qui sotto, in apparenza lo screenshot di un tweet del presidente del Senato Ignazio La Russa...

... e la mia "facciamica" ha replicato che le veniva la nausea. Io, insospettita dalla sfacciataggine di La Russa eccessiva perfino rispetto ai suoi standard – ecco qui un paio dei suoi scivoloni più recenti – oltre che dall'evidente refuso e dall'aspetto sgranato dell'immagine, sono andata sul suo profilo Twitter per verificare. Ebbene, il tweet autentico era questo qua sotto.

Insomma, La Russa si è limitato a scrivere «Il pianto inconsolabile di Angela ci colpisce ma il suo ritiro le fa onore. L’aspetto in Senato per abbracciarla» – sul ritiro che le fa onore non concordo affatto, ma vabbè – mentre non ha accennato a una possibile candidatura per la pugile, premiata dalla controversa International Boxing Association per NON aver combattuto, in pratica. Poi magari Fratelli d'Italia la candiderà sul serio, e a quel punto saranno lecite le critiche.

Tornando al post, ho commentato inserendo il link al tweet autentico, e il tizio che aveva postato lo screenshot fake ha risposto «non avevo controllato... comunque veritiera... 😂», mentre la "facciamica" titolare della bacheca «poteva essere 😅».

L'altro spunto lo ricavo da un post del politico radicale Alessandro Capriccioli, del quale riporto integralmente il testo qui di seguito.

Avevo preannunciato che non avrei più aperto bocca sulla vicenda, ma proprio ieri ho visto un video che mi induce, mio malgrado, a rimangiarmi quello che ho detto.
Il video mostra un incontro di qualche anno fa durante il quale la pugile Carini, arretrando, inciampa col piede sinistro, si procura una storta alla caviglia ed è costretta al ritiro.
[Il video è questo, NdC]
Il punto, come immaginate, non è il video in sé, ma il commento con cui viene presentato: “Carini l’aveva già fatto! Nell’incontro con <nonricordochi>, pur di non dover combattere contro un’avversaria molto temuta, ha simulato una storta alla caviglia e si è ritirata”.
Naturalmente dalle immagini non emergono elementi che avvalorino la tesi del finto infortunio, né sono presenti link ad articoli o approfondimenti che la supportino in qualche modo: c’è semplicemente un’affermazione apodittica che presenta l’episodio in quel modo, come se fosse così evidente da non necessitare di ulteriori elementi probatori.
Se ci fate caso, questo è esattamente lo stesso metodo con cui, nei giorni scorsi, si è detto prima che l’altra pugile, Khelif, era una transessuale, poi che non era transessuale ma aveva cromosomi maschili, poi addirittura che bastava guardarla per rendersi conto in modo inequivocabile che si trattava senza dubbio alcuno di un maschio.
Questo modo di procedere, ossia il metodo per cui si sparano delle certezze senza avvertire la necessità di supportarle con una prova o con un dato, contando semplicemente su suggestioni vaghe, indizi inconsistenti, quando non direttamente con perentorie affermazioni del tutto prive di qualsiasi supporto, è ormai diventata la cifra della cosiddetta “discussione” (sic) sui social: l’abbiamo visto all’opera durante il Covid, quando imperversavano illazioni come il supposto inserimento nei vaccini di microchip che avrebbe ammazzato di lì a poco, uno dopo l’altro, tutti i vaccinati, o come l’aumento (mai dimostrato con uno straccio di tabella Istat) delle morti improvvise nei mesi successivi, o ancora come il coinvolgimento delle multinazionali dei vaccini nella diffusione del virus per poter successivamente vendere i loro prodotti, o infine come la pletora di supposte e improbabili terapie fai da te più adatte delle cure “ufficiali” a fronteggiare la malattia.
Questo luogo, il luogo nel quale ci confrontiamo (o ci illudiamo di confrontarci) tutti i giorni sulle questioni che animano il nostro tempo, è ormai diventato un posto nel quale a un certo punto uno si alza, dice la prima cosa che gli viene in mente e le persone gli vanno dietro applaudendo, gridando e schiamazzando, senza avvertire alcuna necessità di comprendere se quello che stanno leggendo abbia un minimo di fondamento.
Dice: prima dei social la stessa cosa succedeva nei bar.
Solo che nei bar, quando il fenomeno di turno sputava fuori la sua panzana, uno, almeno uno che gli dicesse “ma stai zitto, coglione, manco sai di cosa parli” generalmente lo trovava, e di solito tanto bastava a qualificarlo come quello che era: un cazzaro, figura tipica della nostra cultura che penso sia stata sempre presente nelle diverse aggregazioni umane di cui ciascuno e ciascuna di noi ha fatto parte nella sua vita, personaggio trattato generalmente con bonaria indulgenza ma al quale, una volta resosi manifesto il suo status, nessuno dava più un minimo di credito.
Invece sui social i cazzari fanno proseliti, aggregano comunità, diventano punti di riferimento a volte fondano perfino movimenti civili e politici.
Altro che bar.

 P.S.: Facebook bar è il titolo di una canzone di Lorenzo Baglioni il cui testo a questo punto avrebbe forse bisogno di una revisione...

1 commento:

  1. Brava per l'indagine! In effetti non c'è da fidarsi di niente che appare su FB...

    Sono d'accordo con il pensiero del radicale: io personalmente non ho scritto niente sul caso perché non ho le competenze per giudicare quanto e se la pugile algerina sia avvantaggiata.

    Comunque la riprova sarebbe sapere come se la sono cavata le altre pugili con cui sicuramente si sarà battuta poi. (Io non ne ho idea)

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