Dopodomani io e il mio compagno andremo allo stadio di Monza ad assistere alla terza edizione del Concertozzo, l'evento organizzato da Elio e le Storie Tese e Trio Medusa che ogni anno unisce musica e consapevolezza sociale, promuovendo l'idea di una comunità più inclusiva e informata. Il gruppo milanese, oltre a saper divertire il suo pubblico nel senso più ampio del termine, è composto da validissimi musicisti: guarda questo video nel quale il bassista Faso, la corista Paola Folli (che ha partecipato a Sanremo 1998 ed è la voce femminile di Domani degli Articolo 31, e che pur non facendo parte della formazione ufficiale segue il gruppo nei concerti dal 2008), il batterista Christian Meyer, il tastierista Jantoman e il nonsisabenecosa Mangoni accompagnano Tony Hadley, ex Spandau Ballet, nel brano The Lady is a Tramp.
Giorni fa Elio, al secolo Stefano Belisari, ha rilasciato a Walter Veltroni un'intervista per il Corriere nella quale parla tra le altre cose del suo ruolo di padre di un ragazzo autistico: il quattordicenne Dante, che due anni fa è salito sul palco del Concertozzo a Bergamo.
Prima del Concertozzo, il 25 maggio, voi incontrerete a Monza le associazioni dell’autismo. Un problema che ha fatto irruzione, con tuo figlio, nella vita della tua famiglia.
«Ce ne siamo accorti molto presto. È stata mia moglie a percepire delle anomalie nel comportamento di Dante. Io la consolavo, le dicevo che tutto si sarebbe normalizzato. Ma noi abbiamo due gemelli e le differenze, nel percorso di crescita, si vedevano nettamente. È stato difficile trovare qualcuno che sapesse farci una diagnosi chiara e che ci indirizzasse. Non esiste un numero di telefono a cui rivolgerti, un indirizzo dove andare. Ti rendi subito conto che l’autismo di un figlio si coniuga con la assoluta solitudine dei genitori. E questo vale per ogni tipo di disabilità».
Quali sono i segnali che avete avvertito?
«La prima cosa che vorrei dire ai genitori è che bisogna fare presto, non aspettare i tre anni, non rinviare. Noi abbiamo visto che Dante aveva un’attenzione ossessiva per le trottole, anche lui girava su sé stesso e non finiva mai di farlo. Aveva attenzione per le cose e non per le persone. L’autismo può portare gravi difficoltà relazionali, anche ritardi mentali, motori, cognitivi».
A chi avete chiesto aiuto?
«È tutto incerto, la prima reazione è lo sconforto. Sono sincero: è la paura, la disperazione. Manca tutto, credimi. Manca tutto. Manca un protocollo che una mamma e un papà possano seguire, che funzioni da bussola in quel maremoto. Devono cercare con il lanternino, da soli, nel dubbio di non aver trovato persone e soluzioni giuste».
Cosa pensi dell’idea di Vannacci a proposito delle classi differenziali?
«È un’idea vecchissima, superata dall’esperienza. Quello che fa bene è l’inclusione. È quello che deve accadere per portare benefici ai nostri figli. Bisogna che questi ragazzi siano aiutati a crescere insieme agli altri. Non separati. E questo fa bene a tutti, l’obiettivo è quello dell’autonomia e dell’indipendenza, per quanto possibile. Il percorso delle classi differenziali invece porta alla ghettizzazione».
Come sta Dante?
«Ora ha 14 anni, lui è consapevole. Anche troppo, lo dice continuamente. Ha fatto un lavoro impressionante, una fatica struggente. Anche in questo, i ragazzi autistici pagano un prezzo rispetto ai loro coetanei. Per lui tutto è stato fatica: mettersi una maglietta, andare in bagno, parlare. Tutto gli è stato insegnato. Lui ha faticato tanto, ma noi ci siamo potuti permettere che fosse seguito. Ma chi non ha i soldi? Anche qui, proprio quando la mano pubblica dovrebbe riequilibrare le differenze, invece si accentuano le diseguaglianze sociali. Esistono associazioni, ma sono private. Non c’è nulla di pubblico che affronti il problema dell’autismo e sia vicino alle famiglie».
Come immagini il futuro di tuo figlio?
«Non riesco a immaginarlo. Da una parte è un incubo, la sua solitudine quando noi non ci saremo, dall’altra un sogno, quello di una vita libera e indipendente. È il dramma di centinaia di migliaia di persone in questo Paese. Sembra sia scomodo o inopportuno persino parlarne. In Lombardia hanno tagliato addirittura i fondi per quelli che — nell’uso dell’inglese non risparmiamo — vengono chiamati i caregiver per i casi di disabilità grave».
Quindi l’incontro di Monza sarà l’occasione per dare voce alle famiglie e alle associazioni?
«Ci ritroveremo, noi genitori, per parlare con persone competenti, che hanno studiato questo problema che sta crescendo enormemente. E per condividere esperienze fantastiche come quella di PizzAut — fondata da Nico Acampora, padre di un ragazzo autistico — che sta diventando un vero fenomeno. Invece di far stare i ragazzi in istituto, lui ha pensato di occuparli in ristorante e ora sta progettando 107 mezzi mobili con a bordo di ciascuno cinque ragazzi autistici. Non è bellissimo? Così producono persino reddito, diventano contribuenti. Il presidente Mattarella, con la sensibilità che conosciamo, ha voluto segnalare questa esperienza eccezionale. Ma è un padre ad averla inventata. La politica, i governi, non pervenuti».
È anche, per i ragazzi, una gigantesca esperienza di socializzazione.
«Pensa che uno di loro ha detto: “Quando ero in istituto mi accorgevo di morire ogni giorno un po’”. Fanno un lavoro, stanno insieme, imparano a relazionarsi con le persone, hanno soddisfazioni. Il lavoro, in questo caso, ha un valore di risarcimento. Sembra sia di Darwin la frase “Il lavoro nobilita l’uomo”. Ma nel caso dei ragazzi autistici è di più. Restituisce loro frammenti di vita che altrimenti gli sarebbero preclusi. Sono 600.000 i casi registrati e chissà quanti sono sconosciuti perché nascosti dalla vergogna sociale. Un bambino ogni 75 dei nuovi nati è autistico. E non si sa perché. Ma se non si investe sulla ricerca non si saprà mai. E non si troveranno mai dei rimedi».
Siete collegati, voi familiari?
«Attraverso le associazioni. Ma andando in giro incontro tante persone che mi dicono “Anche io...”. Sono impressionanti la quantità e la misura della solitudine di chi ha avuto la vita sconvolta dall’irruzione dell’autismo nella propria esistenza. Che siano i ragazzi o i loro genitori. Soli, gli uni e gli altri. È importante parlarne, non chiudersi, non nascondersi. È un esercito di persone mute, spesso annichilite da qualcosa che ti cambia tutto. La fatica, per tutti, è spesso insopportabile. Non ci sono pause, non ci sono momenti sgombri di pensieri, mai».
P.S.: Prima del Concertozzo serale, alle ore 15 avrà inizio il Concertozzino in cui si esibiranno degli artisti che, per il solo fatto di avere la "benedizione" degli Elii, sarebbero degni di attenzione... ma l'unico che io conosca già è Fabio Celenza, che sinceramente non mi fa impazzire. E comunque non me la sento di rimanere allo stadio per troppe ore: c'ho un'età, e il giorno dopo si torna al lavoro! :-/
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