venerdì 18 ottobre 2019

Campioni nello sport e nella vita


Oggi Lorenzo Tosa ha dedicato un post a Michael Jordan, che almeno per quelli della mia generazione è IL giocatore di basket per antonomasia.
Immaginatevi per un attimo la scena.
Ti chiami Michael Jeffrey Jordan. Hai 56 anni, sei lo sportivo più forte di ogni sport, ogni tempo, ogni epoca, hai vinto praticamente da solo 6 titoli Nba, di cui uno - l’ultimo - cambiando anche le conoscenze fisiche note fino a quel momento. Detieni ogni record che abbia senso detenere se sei un giocatore di basket.
Eppure una mattina ti ritrovi davanti a due cliniche mediche per persone indigenti che hai immaginato, voluto e finanziato per intero, a Charlotte. E cosa fai? Piangi. Sei Michael Jeffrey Jordan, ma le lacrime ti scendono da sole e non c’è verso di trattenerle.
Dietro di te sorgono due centri che forniranno un’assistenza gratuita al 100% in un Paese in cui la gente muore perché non ha accesso alle cure mediche primarie. E tu cosa fai? Ti commuovi. Anche se sei Michael Jordan. Anche se hai vinto tutto e tutto hai avuto dalla vita. E a un certo punto lo spieghi pure.
"Sono emozionato, lo vedete anche voi. Ho voluto restituire qualcosa a chi mi ha supportato durante la mia carriera, soprattutto a tutte quelle persone che non possono permettersi un'assistenza sanitaria - dici - I soldi non contano, il nome non conta. Questo è solo l'inizio del progetto che ho pensato per questa comunità.”
Sei Michael Jeffrey Jordan e piangi. Piangi come un bambino. Cos’altro vuoi aggiungere.

Ieri sempre Lorenzo si era occupato di un altro sportivo contemporaneo, magari non altrettanto noto ma sicuramente degno di diventarlo sempre di più.
Lui si chiama Sadio. Sadio Mané. È la stella indiscussa del Senegal, il giocatore più caro della storia del Liverpool, capocannoniere dell’ultima Premier League, campione d’Europa in carica. A un certo punto un giornalista gli ha chiesto che rapporto avesse con successo e ricchezza. Sadio a quel punto ha alzato le spalle e ha risposto senza pensarci su.
“Perché dovrei volere dieci Ferrari, venti orologi e due aerei? Cosa faranno questi oggetti per me e per il mondo? Io so cosa voglia dire avere fame, ho lavorato nei campi, sono sopravvissuto alle guerre, ho giocato a calcio a piedi nudi, non sono andato a scuola perché non potevo permettermelo. Oggi con quello che guadagno grazie al calcio posso aiutare la mia gente, ho costruito scuole e uno stadio, fornisco vestiti, scarpe, cibo per le persone in estrema povertà. Preferisco che il mio popolo riceva un po' di ciò che la vita mi ha dato".
La prossima volta che sentite il suo nome ricordatevi della sua storia, di queste parole. La prossima volta che leggete commenti atroci, disumani, indicibili su bimbi migranti, ricordatevi di Sadio. Ricordatevi che esistono anche uomini così.

E vale la pena di leggere quest'articolo che raonta la storia del cestista turco Enes Kanter, e di quello che ha dovuto subire lui, con i suoi familiari, per essersi opposto al regime di Erdogan. Se ne sia valsa la pena, lasciamo che sia lui stesso a stabilirlo.
Non vedo e non parlo con la mia famiglia da cinque anni, mio padre è in prigione, i miei fratelli e sorelle non possono trovare un lavoro. Il mio passaporto è stato revocato, c’è un mandato di cattura internazionale, la mia famiglia non può lasciare il Paese, ricevo minacce di morte ogni giorno, sono stato attaccato, minacciato, hanno provato a rapirmi in Indonesia. La libertà non è gratuita.
Infine, l'immagine che apre il post riporta una dichiarazione del cestista statunitense Damian Lillard.
Pressione, nah. Amico, questo è solo giocare a palla. La pressione ce l'ha il senzatetto che non sa da dove arriverà il suo prossimo pasto. La pressione ce l'ha la madre single che si scapicolla per pagare l'affitto. Ci pagano un sacco di soldi per giocare. Non fraintendetemi, veniamo messi a dura prova. Ma chiamarla pressione è quasi un insulto alla gente normale.

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