Se c'è una cosa che non sopporto... vabbe', ce ne sono parecchie, ma adesso è di una in particolare che vorrei parlare! ;-) Mi riferisco alla diffusa abitudine di reagire a giudizi che si reputano immeritati, o in generale ad atteggiamenti poco graditi, attribuendo il comportamento altrui all'invidia, senza fare un minimo di autocritica. Pure a me è capitato che mi venisse rivolta un'accusa del genere senza motivo, e francamente non riesco ancora a capacitarmene. :-(
Vabbe'... gli ultimi mesi hanno offerto vari esempi di questa spiacevole prassi, "ambientati" nel mondo della politica, dello spettacolo e della cultura.
L'ultimo caso in ordine di tempo riguarda Giorgio Faletti. Il comico prestato alla letteratura (e mai più restituito ;-)) ha replicato con una vibrante autodifesa alle polemiche relative al suo ultimo bestseller, Io sono Dio. Eleonora Andretta (qui il suo intervento pubblicato nel forum Italians a cura di Beppe Severgnini) e Franca Cavagnoli, traduttrice professionista, avevano analizzato in maniera piuttosto puntuale il lessico utilizzato nel romanzo, evidenziando svariati anglicismi un tantino sgradevoli. Ad esempio «non girare intorno al cespuglio», calco di «don't beat about the bush», invece di «non menare il can per l'aia». Per non parlare di «Pensavo che una ventina di grandi vi avrebbero fatto comodo»: quanti italiani sanno che, nel gergo della comunità dei neri americani, la banconota da mille dollari si chiama grand? Plagio, non plagio... non è questo il punto. Nella foga di sostenere le sue ragioni, non si può certo dire che Faletti abbia dato prova di umiltà e savoir faire (io mi sento più a mio agio con il francese, pardon ;-)): con malcelato orgoglio ha rivendicato di aver contribuito a introdurre nella lingua italiana nuovi modi di dire mutuati dall'inglese, ma soprattutto, adottando un insopportabile tono di sufficienza, ha liquidato la polemica in questione come una «risibile querelle estiva e premestruale», senza risparmiare alle due signore altre sprezzanti frecciatine... e in conclusione ha tirato fuori la solita vecchia storia che «il successo è considerato una colpa» e scatena l'envy, ossia appunto l'invidia, di chi è in cerca di «cinque minuti di popolarità», sbandierando i dodici milioni di copie vendute solo in Italia. Ma suvvia... se le vendite andassero di pari passo con la qualità e l'autorevolezza, allora Federico Moccia, che oltre al successo ha in comune con Faletti pure una certa inclinazione a infarcire le sue pagine di messaggi pubblicitari occulti, sarebbe uno dei più grandi scrittori italiani viventi!
Qualche anno fa lessi il romanzo d'esordio di Faletti, Io uccido. Sull'avvincente intreccio giallo ben poco da dire, se non che ricorrevano trovate un tantino inverosimili e stiracchiate. Però mi convinceva assai meno l'ambientazione monegasca (per accurata che fosse la ricostruzione, mi dava un senso di artefatto) e soprattutto il registro linguistico usato, fin troppo elevato e ridondante anche quando si trattava di esprimere i concetti più banali; sembrava quasi che l'autore volesse a tutti i costi dar prova della sua dimestichezza con la lingua di Dante. I romanzi successivi perciò ho preferito evitare di leggerli... e non saranno certamente gli sviluppi di questa «polemica balneare» a convincermi a tornare sui miei passi. Pig earth that I have under my feet! :-D (Te lo ricordi, Vito Catozzo?)
A questo punto passo oltre, ricordando un paio di recenti casi analoghi. Quello del premier Silvio Berlusconi, che in una nota ufficiale di Palazzo Chigi aveva commentato la «campagna denigratoria» seguita allo scoop di Casoria attribuendola a «invidia e odio nei confronti di un Presidente del Consiglio che ha raggiunto il massimo storico della fiducia dei cittadini»; il direttore di Repubblica Ezio Mauro non ha perso occasione per rispondere per le rime. E quello dell'attore Christian De Sica, che intervistato da Vanity Fair ha spiegato così la separazione dal compare di cinepanettoni Massimo Boldi: «Aveva una moglie fantastica, Massimo. Poi è morta e abbiamo litigato, anzi, lui ha litigato: ha fatto tutto da solo. Forse perché ho troppo: sono intelligente, signorile, bello, colto, figlio di De Sica... e lui no». A' Cristian, te sei scordato de di' «modesto»! ;-)
Anche io mi sono fermato al primo libro di Faletti..
RispondiEliminaIo neanche il primo ho letto. E dire che in casa ce l'avrei pure tutti!
RispondiEliminaL'intervento di Faletti l'ho trovato anch'io un po' troppo polemico, tanto da farmi insospettire... insomma, che un'innocente analisi possa scatenare un polverone del genere mi pare esagerato. A meno che le due donne non abbiano visto giusto!
Io mi sono fermato alle prime 40 pagine del primo libro XD
RispondiEliminaVincenzo
Io uccido lo stavo leggendo or ora, e si l'ambientazione mi ha lasciato al quanto perplesso così come la continua volontà di descrivere ogni minimo pungolo nel racconto, manco fosse il nome della rosa (con quella valanga di pagine per descrivere i capitelli ), insomma più umilté come direbbe Arrighee Sacchi Crozziano.
RispondiEliminaSecondo faletti tradurre un Nobel e preparare il caffè a Del Piero sono la stessa cosa. Basta questo per capire quanta (poca) materia grigia ha in testa.
RispondiElimina@duhangst: ma bentornato!!! :-D
RispondiElimina@Maxxeo: mi sa proprio che hai visto giusto. Chissà come si dice "touché" in inglese...? :-)
@Vincenzo: non si può certo dire che ti abbia conquistato! :-)
@paz83: quando l'hai finito, fammi pure sapere il tuo parere conclusivo...
@utente anonimo: in effetti... ma se ci si mette ad analizzare punto per punto le sue esternazioni non se ne esce più!