Ieri pomeriggio sono andata al cinema a vedere I Love You, Man (qui il trailer in lingua originale), diretto da John Hamburg, che aveva già curato la regia di ...E alla fine arriva Polly e la sceneggiatura di Ti presento i miei e Mi presenti i tuoi?: la sua presenza è una garanzia per la buona riuscita di commedie di questo tipo. Eh sì... proprio quel genere di film che mi fa uscire dalla sala con il sorriso sulle labbra. Peccato non essermi potuta confrontare con le reazioni degli altri spettatori: come mi era già successo poco tempo fa, pure questa volta ero da sola in sala, eccheccavolo! :-(
Mi compiaccio con il distributore italiano per aver scelto di mantenere il titolo originale, evitando traduzioni ridicole o nel migliore dei casi di scarso effetto. Pure la tagline «He needed a best man... he got the worst» (che in fin dei conti risulta piuttosto fuorviante) costituisce un gioco di parole pressoché intraducibile. Best man in effetti equivale al nostro testimone di nozze, il che si ricollega alla trama del film.
Il giovane Peter Klaven, dopo aver chiesto all'amata Zooey di sposarlo, si rende conto di non avere neppure un amico intimo che possa fargli da testimone di nozze. I suoi tentativi di stringere amicizia con uomini hanno esiti in vario modo sconfortanti. Un giorno Peter, che di mestiere fa l'agente immobiliare, organizza un open house, ossia una specie di rinfresco per mostrare ai potenziali acquirenti la villa messa in vendita dall'attore Lou Ferrigno (sì, proprio l'incredibile Hulk, che compare nella parte di sé stesso); in quell'occasione conosce Sydney Fife, un tipo esuberante e imprevedibile oltre che completamente diverso da lui. In breve tempo i due diventano amici per la pelle, fino a raggiungere un livello di complicità e confidenza tale da mettere in crisi il fidanzamento di Peter...
Bravi i protagonisti maschili. Peter era interpretato da Paul Rudd, che io conoscevo soprattutto per il ruolo del marito di Phoebe nel serial tv Friends; pare sempre un ragazzino, anche se ormai ha raggiunto i fatidici "anta". Sydney invece era impersonato da Jason Segel: mai visto prima, è stato una piacevole scoperta (tanto per rafforzare un certo senso di déjà vu, a doppiarlo era Massimo De Ambrosis, lo stesso che prestava la voce a Chandler nel suddetto Friends).
Insomma, un film leggero e divertente, non volgare (beh, ci sono un paio di situazioni per le quali preferirei non dover fornire spiegazioni a un bambino ;-)) e coinvolgente: di rado mi capita di assistere al racconto di un'amicizia con una trepidazione paragonabile a quella che di solito riservo alle storie d'amore! :-) Senza contare che, sotto certi aspetti, è stato inevitabile per me identificarmi con il protagonista Peter: pure io, se dovessi sposarmi a breve, in fondo non saprei mica a chi affidare il cruciale ruolo di testimone (vabbè che si tratta di un dettaglio lievemente marginale rispetto, che so, alla scelta dello sposo... ;-)).
Voterei per la convivenza così non devo neanche pensare a chi scegliere.
RispondiEliminaPosso capire chi non crede nel matrimonio come istituzione... ma se, dopo aver convissuto per qualche tempo, una coppia non si rassegna al fatto che per avere dei diritti in questo Paese deve essere sposata almeno civilmente, allora credo che si possa parlare di vera e propria allergia ai legami duraturi! ;-)
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