sabato 3 luglio 2021

Come sentirsi realizzati

Questa sera condivido un'immagine trovata sulla pagina Facebook Psicoadvisor, che elenca sommariamente le differenze tra chi è realizzato e chi invece vive una vita di frustrazioni.

Persone realizzate 
  1. Si congratulano con il prossimo
  2. Discutono di idee
  3. Sono aperte al mondo
  4. Si sentono responsabili per i loro fallimenti
  5. Provano gratitudine
  6. Sanno mettersi in discussione
Persone frustrate 
  1. Criticano gli altri
  2. Discutono di persone
  3. Si chiudono nel loro mondo
  4. Incolpano gli altri per i loro insuccessi
  5. Sono concentrate su ciò che non hanno
  6. Pensano di sapere già tutto

Mi è venuto da pensare che in fondo sentirsi realizzati ha ben poco a che vedere con il successo sociale ed economico, ma moltissimo a che vedere con l'atteggiamento con cui ci si pone nei confronti della vita, e quindi passare dall'una all'altra situazione è in larga misura una questione di atteggiamento.

Piè facile a dirsi che a farsi, certo... comunque mi sembra un ottimo spunto di riflessione.

3 commenti:

  1. Per il quieto vivere, per il vivere sereni e in pace con se stessi i consigli suggeriti dal meme sono sicuramente validi.

    Ma non è tutto così semplice come appare.
    La situazione potrebbe essere ribaltata: se fosse la società moderna con le sue ingiustizie e sperequazioni a provocare le nevrosi di chi non riesce a realizzare se stesso, ovvero del 99,99% della popolazione, allora “curare” il malato e in particolare i punti 4 e 6, cioè “sentirsi responsabili per i propri fallimenti” e “mettersi in discussione”, sarebbero medicine che placano il sintomo ma che non curano la malattia. Rendono la nevrosi, l’insoddisfazione moderna, sopportabile, la riconducano nell’ambito della produttività sociale ma rinunciano ad affrontare il problema di fondo.
    Ovvero una società moderna malata nelle sue fondamenta che permette a una sola persona di riuscire ad accumulare una ricchezza pari a quella di miliardi di persone i quali, oltretutto, vivono nell’indigenza più completa.

    Quindi, sì, i consigli del meme aiutano a vivere, a sopportare la propria esistenza e, magari, a raggiungere un’apparenza di felicità compatibile con quanto permesso dal mondo moderno. Ma questi stessi consigli recano il rischio di rendere chi è giustamente indignato per le ingiustizie del mondo acquiescente e oblioso verso di esse perché suggeriscono che “Va bene così, è colpa tua se non sei felice: questo è il migliore dei mondi possibili; dovresti accontentarti come i tuoi vicini di casa: guarda quanti stanno peggio di te!”.
    In questo modo si rischia cioè di deresponsabilizzare, instillando dubbi, nelle persone che invece hanno il dovere morale di lottare per un mondo migliore per tutti…

    La nevrosi, l’insoddisfazione e perfino la rabbia possono essere qualità positive se ben dirette.

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    1. Ti ringrazio per la riflessione sempre interessante e approfondita. Ammetto di aver letto l'immagine con una visione più ristretta rispetto a quella che denoti, considerandola cioè come un approccio per affrontare più serenamente la vita lavorativa e familiare quotidiana. Ma in effetti se si prova ad allargare lo sguardo le cose si complicano...

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    2. Aggiungo che non si tratta di una "mia" teoria ma, se vuoi, è la sintesi di "Eros e civiltà" di Marcuse che avevo terminato di leggere proprio pochi giorni fa: per questo non ho resistito ad aggiungere il mio commento! ;-)

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