Qualche sera fa, in colpevole ritardo rispetto alla messa in onda televisiva – sia lodato RaiPlay che mi permette di seguire i programmi Rai come e quando mi pare e senza pubblicità, comunque ;-) – ho visto anche l'ultima puntata della prima stagione di Rocco Schiavone. E mi è successo qualcosa che con la serie con protagonista il commissario Montalbano impersonato da Luca Zingaretti, di cui ho anche letto praticamente tutti i libri firmati da Andrea Camilleri, non mi era mai capitato: non vedere l'ora che arrivi il seguito per scoprire come andrà a finire (il finale è stato confezionato come il più astuto dei cliffhanger, direi). Davvero un ottimo prodotto, curato in ogni aspetto, musiche comprese (se sei curioso di sapere quale sia la canzone che accompagna i titoli di testa, e che nella colonna sonora non c'è, sappi che si tratta di Burning Seas del polistrumentista inglese Duke Garwood). E sto cercando di resistere alla tentazione di aggiungere alla mia wishlist – ne ho già fin troppi, di libri che sembrano guardarmi con aria di rimprovero in attesa che mi degni di affrontarli – i romanzi di Antonio Manzini da cui è tratta la fiction. Quello del sanguigno vicequestore romano trapiantato nella gelida Aosta è un personaggio davvero affascinante, costruito a tutto tondo, credibile e profondamente umano nella sua imperfezione. Ed è bravissimo pure il suo interprete Marco Giallini, al quale in passato non ho lesinato gli elogi su questo blog; l'unica perplessità che ho sul suo conto è legata al fatto di non averlo mai visto calarsi in un ruolo che non richiedesse una marcata cadenza romanesca.
Mentre guardavo la fiction, non ho potuto fare a meno di notare i risvolti autobiografici che Giallini deve aver sperimentato nell'impersonare Rocco Schiavone: il vicequestore ha perso tragicamente sua moglie, assassinata in un agguato (è inutile che gridi allo spoiler, tanto che sia morta lo si capisce a metà del primo episodio!). E l'attore in pratica si è visto morire fra le braccia sua moglie Loredana, colpita da emorragia cerebrale nel 2001. Poco più di un anno dopo Giallini in un'intervista escludeva di potersi innamorare di nuovo, ma da qualche tempo accanto a lui c'è un'altra donna, Stella, che gli ha restituito fiducia nella vita e nell'amore. Il mio primo pensiero è stato che sarebbe il caso di non lasciarsi mai andare a dichiarazioni troppo categoriche e ad alto rischio di essere smentite... ma poi ho pensato che può capitare a tutti – è capitato pure a me – di affermare cose come «Non riuscirò mai più a fidarmi di un uomo» in seguito a qualcosa di assai meno drammatico di un lutto, come una "semplice" delusione amorosa. E invece... la vita continua, come ho scritto quando è divenuto di dominio pubblico il fatto che Kasia Smutniak, vedova – non si erano mai sposati, ma tant'è – di Pietro Taricone, si fosse rifatta una famiglia accanto al produttore Domenico Procacci. Tempo fa lei e lo stesso Marco Giallini, come raccontato dall'attore a Vanity Fair, si sono confrontati riguardo alla loro comune esperienza di dolore: «Mi ha chiesto di vederci per parlare di quanto ci è successo, è stata una bella chiacchierata. Lei aveva sempre gli occhi lucidi».
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