Nell'episodio del suo podcast Morning del 23 febbraio, Francesco Costa è ritornato sull'argomento di quanto nell'Italia di oggi sia ancora difficile conciliare famiglia e lavoro per le donne; se ne era già occupato il 6 dicembre scorso, e io ne parlai in un post qualche giorno dopo. All'epoca scrivevo «Oramai mi sono rassegnata all'idea che il mio tempo per diventare mamma sia scaduto... ma se per miracolo dovessi riuscire a portare a termine una gravidanza...». Un mese fa, però, mi è arrivata la quasi-certezza che non potrà esserci nessun miracolo (io peraltro neppure ci credo, nei miracoli). Mi sono resa conto che del mio tardivo desiderio di maternità avevo già accennato a febbraio dell'anno scorso, quando scrivevo «L'idea di avere un figlio non l'ho ancora accantonata definitivamente». Oramai, invece, mi tocca evitare il più possibile le pause caffè con la collega che è arrivata a gennaio; ha quattro anni meno di me, è mamma di tre bambine, una di 9 anni e due gemelle di 6, e quando si chiacchiera è pressoché inevitabile – oltreché comprensibile – che parli di loro. Per me è sempre un colpo al cuore, non posso farci niente. :'-(
Comunque, ecco la trascrizione di quanto detto dal vicedirettore de Il Post sull'argomento il 23 febbraio.
Vi leggo questa mail che potrebbe farvi arrabbiare, metto le mani avanti, ma perché potrebbe farvi arrabbiare? Comunque meno di quello che c'è a pagina 24 su Repubblica, cioè un'intervista a una donna che ha raccontato di essere stata costretta dalla sua azienda a fare il test di gravidanza nel bagno dell'azienda: costretta dai suoi responsabili. «Se non lo fai ti licenzio». Lei ha accettato, è andata in bagno, ha fatto il test, era negativo, è tornata fuori, poi però ha capito che era stato un enorme abuso e si è rivolta ai sindacati. E uno può pensare: vabbè, questa è una storia che finisce sui giornali proprio per quanto sia eclatante, ma nel suo essere eclatante è anche rara. Con queste modalità probabilmente è rara, per fortuna. Però sentite cosa mi ha scritto tra molte altre un'ascoltatrice di Morning:
«Ho 38 anni, – scrive – sono mamma di un bambino di tre. Lavoro nel settore culturale dello spettacolo: come immaginerai gli stipendi non sono alti, soprattutto se vivi in una città ormai sempre più cara come Milano. A un certo punto, tra molti timori, tra queste difficoltà economiche, decidiamo di cercare un secondo figlio, e quindi a gennaio rimango incinta. Per uno strano scherzo del destino, a dieci giorni dal mio test di gravidanza ricevo una mail da un'importante struttura cinematografica milanese presso cui mi ero candidata un anno fa, e ora a un anno di distanza hanno aperto una posizione: vogliono farmi un colloquio conoscitivo. Decido di presentarmi al colloquio nonostante il mio stato interessante, faccio tre colloqui, e all'ultimo i soci mi comunicano che mi hanno scelto: mi fanno anche una buona proposta economica. Io nel frattempo sono alla decima settimana di gravidanza: legalmente potrei non dire nulla, ma l'ambiente di lavoro è piccolo, mi piacerebbe iniziare nella maggior trasparenza possibile, sono scioccamente fiduciosa, quindi prendo coraggio, li chiamo e li informo che accetto volentieri la proposta, ma vorrei avvisarli che sono incinta alla decima settimana. La persona delle risorse umane dice che ne deve parlare con i soci, che mi farà sapere. Giusto oggi, proprio poco dopo aver ascoltato la tua puntata, quella in cui si parlava dei figli, ricevo una telefonata: l'azienda è costretta a ritirare la proposta, grazie e arrivederci. Nessuna telefonata dai soci, nessuna mail, nessun "Ci piacerebbe che potesse comunque collaborare al rientro dalla maternità". Mai come oggi la tua frase "Il mistero è chi fa figli" mi è sembrata più tristemente appropriata».
Ve l'avevo detto che vi faceva arrabbiare, giustamente.
Nessun commento:
Posta un commento