Ladies and gentlemen, ecco a voi finalmente un primo brano tratto da Il fu Mattia Pasqual!
La nostra prof di Lettere del triennio aveva, come dire, un rapporto conflittuale con le lettere dell'alfabeto, usandone una al posto dell'altra senza alcuna ragione apparente. Non dimentichiamo che il titolo di questa raccolta, «Il fu Mattia Pasqual», è "opera" sua. Ad esempio, tendeva a distribuire a casaccio delle "o" finali parlando dell'eroe «Eneo», di un non meglio specificato «poeto» e lasciandosi scappare l'espressione «un viso dolcio» (poi ha cercato di recuperare dicendo: «Eh, perché "viso" è maschile!»). Altre volte piazzava delle "n" laddove non c'entravano niente, parlando di «religiosinà» e della «funzione angelicata che viene data alla nonna».
Ecco una piccola rassegna di casi in cui, cambiando qualche lettera, la prof ha ottenuto altre parole di senso compiuto... peccato che fossero nel posto sbagliato: «...come nel monastero veniva gestita la scultura», «le corte provenzali», «Una volta alla settimana evito di interrogarmi», «Dobbiamo fare insieme una cosa importanza».
Ma la prof, a volte, si impappinava con la costruzione delle frasi durante le spiegazioni («Eravamo partiti... giunti... ci eravamo fermati al titolo») e le interrogazioni («Senti, sentiamo, vediamo, parliamo di Tibullo»). Ciò non le impediva, purtroppo, di formulare domande di questo genere: «Che differenza c'è tra il realismo di Goldoni e quello di Manzoni?», e «Se non ci fosse stato Goldoni ci sarebbe stata lo stesso la riforma del teatro?». Eh, chi può dirlo? Forse un laureato in Lettere Moderne!
Alla prossima puntata!
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