Nell'episodio dell'altroieri del suo podcast Morning, Francesco Costa de Il Post si è occupato di una questione della quale ero già al corrente grazie a un post del dottor Roberto Burioni.
Complimenti alla Regione Toscana per l'oculato impiego dei soldi pubblici.
PS: uno studio amplissimo dell'OMS, al quale ha partecipato anche l'Istituto Superiore di Sanità, ha già dimostrato che non ci sono legami con leucemie e linfomi.
Costa, che nella sinossi ha riassunto la faccenda con l'eloquente frase «l’assurda indagine della Toscana sul 5G e i tumori ci ricorda che nessuno ha il monopolio dell’anti-scienza» (sottinteso: non certo la destra), ha parlato della lettera indirizzata da Antonello Giacomelli, commissario Agcom, al presidente della Regione Toscana – NON chiamatelo governatore, che diamine, non siamo negli USA! – Eugenio Giani, del Partito Democratico, e pubblicata da Il Foglio, che riporto integralmente qui di seguito.
Caro Presidente, caro Eugenio, tu sai quanta stima io abbia nei tuoi confronti ed è proprio in virtù di questa stima che ho deciso di parlarti con franchezza. La recente decisione della giunta regionale di commissionare uno studio sulla relazione tra emissioni elettromagnetiche, in particolare 5G, e patologie tumorali mi ha lasciato senza parole. Non è accaduto solo a me. In poche ore scienziati come Burioni, testate giornalistiche di vario orientamento culturale, semplici cittadini hanno riversato sui social tutto il loro stupore (per usare un eufemismo) per la decisione della giunta della Toscana. La delibera mi pare sia stata proposta dall’assessore all’Ambiente, Monia Monni, e da quello alla Sanità, Simone Bezzini.
Ora, credo di non sbagliare se dico che i cittadini toscani immaginavano l’assessore Monni intenta a occuparsi di questioni ambientali, della situazione di fiumi e torrenti fuori controllo, di un piano di smaltimento rifiuti che finalmente contenesse qualche risposta concreta e non l’ennesimo rinvio verso l’indefinito. Così come immaginavano Bezzini alle prese con i tempi lunghi per visite ed esami, con la carenza di medici, con le situazioni esplosive dei pronto soccorso.
Forse, per una concezione antica dell’amministrazione, siamo inevitabilmente portati a considerare questi temi molto più reali e urgenti per la vita dei cittadini rispetto alle teorie dei comitati anti 5G. Ci sfuggiva la rilevanza dell’insidioso tema che invece Monni e Bezzini hanno prontamente colto. Mi perdonerai l’ironia ma è difficile parlare sul serio di questa delibera e scegliere tra le tante obiezioni di tipo politico, di competenza istituzionale, di corretto impiego delle risorse pubbliche, del concetto di sviluppo, che si possono fare.
Forse basta ricordare che già da tempo un approfondito studio dell’Organizzazione mondiale della sanità ha dimostrato la totale inconsistenza della nutrita seria di fake news che ipotizzavano relazioni tra 5G e patologie tumorali o fra 5G e Covid. E magari sottolineare che, se questo fosse davvero il tema, la sproporzione fra 5 miliardi di utenti radioelettrici nel mondo senza nessuna evidenza scientifica di incrementi tumorali e l’indagine di Arpat in sei città toscane è imbarazzante.
In termini amministrativi, si potrebbe dire che Arpat (che interviene nelle autorizzazioni per i nuovi impianti) dovrebbe avere già il quadro completo delle emissioni elettromagnetiche non in sei città ma in tutta la regione. Altrimenti su quale base sta rilasciando le autorizzazioni? I limiti fissati in Italia per le emissioni elettromagnetiche, per quanto recentemente rivisti, sono largamente più bassi di quelli degli altri paesi europei e il loro controllo è già previsto. Immagino che magari chi è preposto al controllo contabile vorrà aver chiaro questo punto. E inoltre, quale segnale sta dando la Toscana al mondo dell’innovazione? Come reagiranno gli investimenti degli operatori? E quale comune toscano potrà rilasciare una autorizzazione per un nuovo impianto prima della conclusione di questa fantomatica indagine?
Perdona il tono amareggiato, presidente, ma è solo di due giorni fa il preoccupato appello del presidente Mattarella che spronava l’Italia e l’Europa a investire di più su innovazione e nuove tecnologie per ridurre il divario con altre parti del mondo. Che la risposta della mia regione sia la delibera di Monni e Bezzini mi lascia sgomento. Sia ben chiaro, leggo anch’io i giornali e vedo anch’io affannate ricerche di accreditamento in nuovi equilibri di governo ipotizzati per la Toscana. Non voglio ovviamente entrare in nessuna valutazione di tipo politico, mi chiedo però, se questa è la nuova linea, quale idea di sviluppo e di crescita sociale si tenda ad affermare.
Spero ancora, te lo confesso, che un sussulto di saggezza porti al ritiro della delibera ma non posso non dirti che rimango orgoglioso di aver varato, nei miei anni al governo nazionale, come sottosegretario alle Comunicazioni, la prima sperimentazione 5G in Europa (che per altro coinvolgeva anche la Toscana) e sono convinto, come il presidente Mattarella, che insieme agli altri paesi europei dovremmo favorire l’avvento di tecnologie che migliorano la sanità, la tutela dell’ambiente, l’assistenza di persone sole e malati cronici, la produzione manifatturiera, i trasporti, la logistica. Insomma, la qualità della vita.
Mi piacerebbe pensare alla mia regione come una delle locomotive che traina il paese con fiducia verso il futuro, scommette sulla innovazione, si pone come riferimento per le iniziative nel settore delle nuove tecnologie. Non so se sia una ambizione eccessiva. Quello che è certo è che all’idea che la Toscana diventi la terra promessa di terrapiattisti, no-vax e complottisti di vario genere non mi rassegnerò mai.
Con immutata stima.
Capita a fagiuolo il reel pubblicato dal divulgatore scientifico Ruggero Rollini la scorsa settimana, peraltro prima che la notizia dello studio toscano salisse agli "onori" della cronaca...
... e accompagnato dal testo seguente.
Il telefono è pericoloso? L'utilizzo del cellulare non sembra associato a un maggiore rischio di sviluppare tumori al cervello.
Questo emerge da un massiccio lavoro di revisione della letteratura che ha preso in considerazione più di 5000 pubblicati dal 1994 al 2022 e ha selezionato i 63 di qualità più elevata per l’analisi.
La review, commissionata dall’OMS, ha valutato il possibile legame tra l’esposizione alle onde radio e il rischio di sviluppare tumori: non sono state trovate associazioni significative.
Sembra che nei prossimi mesi possa uscire una nuova valutazione ufficiale, ma questo lavoro fa sicuramente ben sperare.
Grazie ad Agnese Collino per la revisione dello script del reel
Riferimenti:
Karipidis, K., Baaken, D., Loney, T., Blettner, M., Brzozek, C., Elwood, M., Narh, C., Orsini, N., Röösli, M., Paulo, M.S., Lagorio, S., 2024. The effect of exposure to radiofrequency fields on cancer risk in the general and working population: A systematic review of human observational studies – Part I: Most researched outcomes. Environment International 191, 108983.
International Agency for Research on Cancer, 2013. IARC monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans, volume 102, Non-ionizing radiation: part 2; radiofrequency electromagnetic fields, IARC monographs on the evaluation of carcinogenic risks to humans. International Agency for Research on Cancer, Lyon.
In questa vicenda ci vedo un chiaro nesso con la notizia trattata da un mio "facciamico" in un post del quale mi permetto di copincollare qui di seguito il testo, tanto è pubblico.
Eccoci finalmente, ora si inizia a fare sul serio. Il progetto eolico Phobos prevede 7 aerogeneratori con rotori di 170 metri di diametro e altezza di oltre 200 metri, da installare in Umbria, fra Orvieto e il lago Bolsena. Apriti cielo, 100 intellettuali e artisti, molti dichiaratamente di sinistra come Elio Germano, hanno scritto a Mattarella perché poi la vista delle loro ville di villeggiatura si rovina.
E hanno anche ragione, perché questo non è solo che l'inizio. Questo mini-parco eolico, con 7 turbine da 6 MW, dovrebbe generare, secondo lo studio ottimistico (35% di fattore di capacità!), 0,12 TWh all'anno. Quindi hanno fatto tutto questo casino per sette (7) turbine! Lì non si può, dicono. Mi chiedo allora dove si potranno mai mettere. In Sardegna no, è appena passata una legge regionale che rende praticamente impossibile installare campi eolici.
Ma soprattutto, i fantasiosi scenari 100% rinnovabili, tanto cari anche a molti firmatari della petizione, prevedono che di mega-turbine come queste l'Italia dovrebbe installarne fra le 7.500 e le 15.000, a seconda dello studio. Altro che 7... Dove le mettiamo? Hanno ragione i firmatari, perché se vogliamo il 100% di rinnovabili dovremo accettare che il paesaggio italiano sia costellato di turbine eoliche.
Infatti sarebbe carino che i 100 firmatari, oltre a dire che non vogliono lì questo campo eolico, dicessero anche cosa e dove vogliono mettere in alternativa. Perché la transizione energetica va fatta, vero?
Io un'idea ce l'avrei. 7 centrali nucleari da 4 reattori ciascuna ci darebbero 350 TWh di energia a zero emissioni. Per un confronto, servirebbero 20.000 mega-turbine come quelle del progetto Phobos per produrre gli stessi 350 TWh.
Vedrai che alla fine è più facile trovare 7 siti per le centrali nucleari che affrontare i NIMBY delle migliaia di turbine eoliche da installare in tutta Italia...
Ma mi sa che alla fine questa transizione energetica non arriverà mai. Perché all'Italia servono 700 TWh di energia pulita, quindi vanno fatti le centrali nucleari E i campi eolici. E se per già 7 turbine si protesta così.
[L'articolo al quale il mio "facciamico" faceva riferimento è Umbria, la petizione contro l'impianto eolico. La lettera di cento intellettuali a Mattarella: «Turbine alte più di quattro volte il Duomo di Orvieto», pubblicato sul Corriere. In teoria sarebbe dietro paywall, ma con il solito trucchetto sono riuscita a leggerlo ;-)]
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