Nell'episodio di mercoledì del suo podcast Morning, il cui ascolto è riservato a noi abbonati a Il Post, Francesco Costa ha preso spunto dall'uscita della rubrica Il caffè di Massimo Gramellini pubblicata quel giorno stesso sul Corriere e riguardante la sparizione di Francesca Deidda, il cui marito Igor Sollai è accusato di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere.
Partendo dal presupposto che...
Una donna scompare all’improvviso, licenziandosi dal lavoro con una mail, e in due settimane nessuno sente il bisogno di chiamarla per sentire dalla sua voce come e dove sta.
Le arrivano solo dei messaggi, ai quali, secondo gli inquirenti, rispondeva il marito assassino che si era appropriato del telefono. «Sto un po’ lontana» — scriveva lui, fingendo di essere lei — «è un momento no».
A parenti e amici di Francesca Deidda, evidentemente, bastava così. Qualcuno avrà provato a stanarla con ulteriori post e whatsapp, scritti e vocali. Ma non uno che abbia toccato quel benedetto tasto con la cornetta disegnata sopra, mettendoci la stessa insistenza con cui un tempo ci si attaccava alla cornetta vera.
... il giornalista conclude quanto segue.
Non è una colpa, né una sbadataggine.
Si è proprio persa l’abitudine. Nascosti dietro la trincea digitale, manteniamo rapporti costanti con persone che non sentiamo in presa diretta da una vita e, quando le chiamiamo, facciamo precedere la telefonata da un messaggio affinché si preparino allo choc. Le rare volte, poi, in cui la suoneria annuncia una chiamata in arrivo e sullo schermo appare un nome presente in rubrica, siamo quasi preoccupati. Se invece il numero non è in rubrica, quasi turbati. Gli unici che hanno ancora la sfrontatezza di telefonarci sono i venditori di qualcosa, quelli che nel secolo scorso si attaccavano al citofono o al campanello.
Mentre gli unici a cui ancora avremmo voglia di telefonare sono i figli. Forse perché sappiamo che tanto non rispondono mai.
Costa ha fatto notare che era il presupposto dal quale era partito Gramellini ad essere infondato: infatti è falso che parenti e amici di Francesca Deidda non abbiano provato a parlarle, è il marito che ha fatto di tutto per neutralizzare i loro tentativi.
Ciò premesso, devo dire che io nel mondo "distopico" tratteggiato da Gramellini ci vivo praticamente da sempre: non ho mai avuto un buon rapporto col telefono, se non per comunicare coi miei affetti più cari, e proprio ieri i ricordi di Facebook mi hanno riproposto quel giorno di cinque anni prima in cui, durante il mio impiego precedente come operatrice del supporto tecnico, avevo «chiamato per la terza volta un cliente — cosa che non amo tanto fare, ma ho dovuto perché alle e-mail non rispondeva — e finalmente mi ha risposto. Si è scusato per non averlo fatto in precedenza, ma "Sa, è quasi sempre qualche seccatore..."». E ho pensato che, se avessi preso più richieste di supporto per telefono, quando a fine 2020 l'azienda in crisi per la pandemia ha dovuto ridurre il personale, forse non sarei stata una delle "teste tagliate". Per fortuna (sotto certi aspetti)/purtroppo (sotto altri aspetti) ho subito trovato un altro lavoro. Che mi piace, ma è talmente penalizzante per la mia sfera privata che sto pensando di cambiare. Il fatto è che, come osserva Il Post, cercare lavoro è diventato un lavoro, e per svolgerlo bene ci vogliono tempo ed energie che io non ho.
Ma adesso sto divagando... Mi sa che è meglio se vado a dormire!
[L'immagine che apre il post è tratta da BuzzFeed]
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