Nel 2012 Alex Schwazer, campione olimpico uscente nella 50 km di marcia, venne escluso dalle Olimpiadi di Londra perché risultato positivo al doping; dal momento che ammise di essersi dopato, venne squalificato per tre anni e nove mesi. Nel 2016, poco dopo il suo ritorno alle gare e in vista delle Olimpiadi di Rio, venne trovato di nuovo positivo a un controllo effettuato mesi prima; questa volta proclamò la sua innocenza, ma essendo considerato recidivo gli toccò il massimo della pena: otto anni di squalifica, che sono terminati di recente. Una settimana fa Schwazer, all'età di quasi quarant'anni, ha voluto correre l'ultima gara della sua carriera, senza purtroppo riuscire a portarla a termine, perché ci teneva troppo a gareggiare almeno una volta davanti ai suoi bambini.
Io sinceramente, non avendo seguito la vicenda, ho sempre dato per scontato che nel 2016 Schwazer "ci fosse ricascato"; oggi devo ammettere che non avevo la minima idea di cosa potesse esserci dietro. L'ho scoperto ascoltando il podcast Storia dell’omicidio di un marciatore, che è stato realizzato dall'inviato Rai Vincenzo Frenda e si può ascoltare su RaiPlay Sound.
Ciascun episodio include la registrazione della voce di Frenda che spiega
Questa non è una storia di sport, non è solo il racconto di un processo per frode sportiva, non è uno spaccato sul doping né sull'atletica mondiale. Non è nemmeno una storia di redenzione o di riscatto; in questa storia non c'è un lieto fine. Questa è la storia dell'omicidio di un marciatore, la storia di Alex Schwazer.
All'inizio pensavo che il titolo a effetto del podcast fosse esageratamente sensazionalistico... ma arrivata alla fine ho capito quanto invece avesse senso, e ho provato una rabbia incredibile, e un'enorme compassione per questo atleta che, schiacciato dalle pressioni della federazione e degli sponsor, è caduto, poi ha fatto di tutto per rialzarsi, ma è rimasto vittima di quello che non esito a definire un complotto.
Tornando ai giorni nostri, a proposito delle prestazioni mostruose del ciclista sloveno Tadej Pogačar al Tour de France, e non solo le sue, l'ex preparatore della Festina Antoine Vayer ha dichiarato, dati dei watt alla mano, «Questo Tour puzza di doping, è il Tour più sporco di tutta la storia del ciclismo».
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