Stasera condivido alcuni contenuti sullo smart working – o, come lo chiama più onestamente il mio responsabile, «lavoro da casa, ché di smart c'è ben poco» – del quale riesco a usufruire meno spesso di quanto vorrei e potrei: tempo fa ho formalizzato il mio diritto a lavorare da casa otto giorni al mese ma, soprattutto negli ultimi tempi, siamo oberati di incombenze tali da richiedere per forza la presenza in ufficio (e, anche se così non fosse, magari è solo un'impressione mia ma ogni giorno di lavoro da casa te lo fanno pesare, come fosse una magnanima concessione).
- L'articolo L’era del manager casalingo: perché gli uomini fanno più smart working delle donne pubblicato nel numero di maggio di Forbes Italia offre interessanti spunti di riflessione.
- Due post pubblicati su LinkedIn, uno da Will Media e l'altro da Luca Pessina, con esperienza come founder in startup. Entrambi sono dedicati alla questione del lavoro da casa per i più giovani, che dal punto di vista anagrafico non mi riguarda più... ma sinceramente, se avessi avuto qualche anno in meno, certi ritmi non mi sarebbero pesati così tanto.
- Il video pubblicato da un tizio su TikTok, piattaforma sulla quale non capito quasi mai, a meno che non mi imbatta in qualche articolo, newsletter o post che ne parla. Questa la traduzione del testo in sovraimpressione: «Di recente al lavoro mi hanno detto che non posso lavorare da casa anche se faccio tutto da remoto, mi vogliono in ufficio. Quindi ho eliminato Teams e l'e-mail dal mio telefono. Il mio capo ha provato a chiamarmi ieri sera per qualcosa di urgente e non è riuscito a contattarmi. Ha chiesto perché e gli ho spiegato cosa mi era stato detto. Non mi è permesso di lavorare da casa». Geniale! :-) (Anche se in certi contesti, in Italia, mi sa che con una simile alzata d'ingegno si rischia il licenziamento)
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L'immagine che apre il post mostra le percentuali di chi lavora da casa in Europa. Come si può notare, siamo tra i paesi messi peggio... :-(
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