Notizia di ieri: la sindaca di Monfalcone e leader della Lega, Anna Cisint, ha dichiarato guerra al burkini in spiaggia. Riporto pari pari il post pubblicato su Facebook dalla prima cittadina monfalconese.
Sx e 5 S (regione) mi stanno aggradendo (sic) e c’è chi tar (sic) loro che addirittura mi invita ad andar via dall’Italia perché chiedo decoro e rispetto!
Ecco il ns comunicato.
Marina Julia è diventata in questi anni una degli arenili più apprezzati della regione per il turismo delle famiglie e degli appassionati degli sport del mare. Gli ingenti investimenti effettuati per la dotazione di strutture, il ripascimento della spiaggia e lo sviluppo dei servizi fanno del nostro litorale un punto di attrazione sempre più apprezzato con un numero crescente di migliaia di presenze. Per questo diventa inaccettabile il comportamento degli stranieri musulmani che entrano abitualmente in acqua con i loro vestiti. Una pratica che crea insopportabili conseguenze dal punto di vista della salvaguardia del decoro del luogo e che sta determinando sconcerto nei tanti frequentatori e in tutti coloro che affollano Marina Julia e Marina Nova per la cura, l’attenzione e la pulizia che le caratterizzano. Chi viene da realtà diverse dalla nostra ha l’obbligo di rispettare le regole e i costumi che vigono nel contesto locale e italiano. Non possono essere accettate forme di “islamizzazione” del nostro territorio, che estendono pratiche di dubbia valenza dal punto di vista del decoro e dell’igiene generando il capovolgimento di ogni regola di convivenza sociale.
“Ciò vale con ancora maggior ragione quando si intaccano e si compromettono le prospettive di una città che - anche attraverso la riqualificazione dei suoi arenili - ha assunto una dimensione turistica consolidata, riconosciuta fra le località marine italiane. Comportamenti lesivi della rispettabilità e della dignità necessaria nella frequentazione di questi luoghi pubblici incidono negativamente nell’attrattività e nelle ricadute per i gestori dei servizi.
“Ritengo, dunque, per le evidenti ragioni di rispetto del decoro richiesto nei comportanti di chi si reca in questi luoghi la pratica di accedere sull’arenile e in acqua con abbigliamenti diversi dai costumi da bagno deva cessare e intendo applicare questi principi con un apposito provvedimento a tutela dell’interesse generale della città e dei nostri concittadini.
“Peraltro, questo inaccettabile comportamento si colloca in un contesto nel quale si riscontrano sempre maggiori lesioni alle norme, ai principi e alle forme che sovrintendono la vita comunitaria, rischiando in tal modo di allargare la frattura nei rapporti fra la grande maggioranza dei monfalconesi e la componente islamica. Mi riferisco fra l’altro alla sempre maggior presenza in città di donne con il burka con la integrale copertura della faccia che impedisce ogni identificazione ed è evocativo di una visione integralista, parte anche questo di atteggiamenti di una volontà di non rispettare regole e norme dei Paesi di arrivo, in particolare della componente del Bangladesh, che è la presenza più numerosa.
L’Amministrazione comunale non può consentire che si sviluppi “una città nella città” con regole diverse dalle leggi vigenti nel nostro Paese e dal comune sentire della stragrande maggioranza dei nostri concittadini, determinando in tal modo una sorta di “discriminazione all’incontrario” e sarà rigorosa nel far rispettare gli ordinamenti comunali e nel pretendere dalle grandi realtà produttive, a cominciare da Fincantieri, un diverso governo dei flussi. L’arrivo incontrollato del passato dai Paesi più poveri con forme di dumping diffuse soprattutto nei subappalti, che ha scaricato sul territorio le relative conseguenze di carattere sociale, sanitario, abitativo, scolastico e occupazionale, deve essere profondamente rivisto.
Io sono senza parole... Fino a non molti decenni fa era considerato indecoroso andare in spiaggia in bikini, e adesso lo sarebbe coprirsi troppo?! Se io fossi incline al bodyshaming potrei affermare che certi bagnanti dovrebbero invece nascondere il più possibile il loro corpo, perché con gli inestetismi che si ritrovano non offrono un bello spettacolo... ma parlando seriamente sono convinta che ciascuno in spiaggia abbia il sacrosanto diritto di conciarsi come gli pare, purché non sconfini nell'oscenità (in fondo un limite da non superare deve esserci sempre, ma l'importante è stabilirlo con buonsenso).
L'unica spiegazione che mi do per un provvedimento così insensato è che sia dettato dall'intento di discriminare – non "all'incontrario", ma in maniera sfacciatamente diretta – chi rifiuterà di sottostarvi pur di non violare i propri precetti religiosi – che qualcuno potrà anche considerare discutibili, ma non è questo il punto – e quindi rinuncerà a recarsi in spiaggia: e la "pulizia etnica" è servita. :-(
Riporto il testo del post pubblicato sulla pagina Monfalcone èCivile.
MONFAlCONE E’ CIVILE ? FORSE.
Di Guido Baggi.
Non ci avevo fatto caso, ma tutto il parlare di igiene e decoro sulla nostra spiaggia, che sta inondando social e giornali, mi ha fatto sorgere questa domanda: quanti quintali di creme solari portiamo ogni estate sulla nostra spiaggia?
Già, perché andare al mare fa bene, ma attenti al sole!
Bisogna proteggere la pelle. Qualcuno, per tradizione o cultura o altro, preferisce invece tenersi addosso un vestito, probabilmente più leggero dei soliti. Meno dispendioso. Le creme costano.
Forse anche più salutare per il mare al quale non si portano tutte le sostanze elaborate dalle industrie della cosmesi.
Eppure, in questa torrida estate eccoci a discutere sulle donne e gli uomini che vanno in acqua vestiti. Non sono una novità, perché anche i nostri nonni e le nostre nonne non avevano ancora cambiato usanze e si tenevano abbastanza coperti. La novità è invece che non si tratta più dei nostri antenati, ma di persone che da qualche anno vengono in spiaggia a Marina Julia con un colore di pelle diverso, parlando una lingua che non conosciamo, con fede e tradizioni che provengono da altre parti del mondo.
Il vero problema non sono i vestiti, ma il modo con cui guardiamo a queste persone, al mare, in città, a scuola, negli uffici e nei servizi pubblici. Monfalcone è civile, dicevamo. Oggi aggiungerei un forse.
Facendo un rapido giro sui social, anche in questa occasione, si apre lo scenario su una Monfalcone intollerante, per niente propensa al dialogo e 'impegnata', ma solo a mettere 'mi piace' sui social. Per quanto mi sforzi, un progetto che affronti la vera nuova realtà di Monfalcone non si vede. Divieti, ordinanze, multe, richiami a leggi che neanche tutti i monfalconesi rispettano, ne ho letti tanti. Da quello che impedisce di entrare in un supermercato con addosso la tuta di lavoro fino al, per ora, ventilato divieto di andare in acqua vestiti. E' così che abbiamo già dato vita a due, o forse più, città all'interno del nostro territorio comunale.
La logica dei divieti e dei proclami divide e contrappone ed è la base per arrivare ai ghetti nei quali gli integralismi crescono fino a diventare pericolosi focolai di terrorismo.
A Monfalcone, pare si sia imboccata la strada dei divieti, invocando la difesa della nostra identità 'cristiana'. Ma quale identità cristiana? Lo sappiamo tutti che sempre meno entrano in chiesa la domenica, che alcuni oratori possiamo utilizzarli come scuole o altri servizi pubblici, anche perché sempre più vuoti. Sappiamo che i matrimoni civili superano quelli celebrati in chiesa. Eppure invochiamo un cristianesimo fatto di rosari e vangeli sbandierati nei comizi e poco vissuti nella vita.
Già, ma mi torna la domanda: un progetto di convivenza non possiamo elaborarlo? Non penseremo mica che le comunità di stranieri, da qualunque parte del mondo provengano, sono destinate a sparire? Ma tutti quelli dei Sud che, quando sono arrivato a Monfalcone nel 1970, venivano descritti come quelli che “mettono i pomodori nella vasca da bagno” , non sono oggi parte della nostra comunità? Chi voleva che gli 'stranieri' arrivati dagli anni Novanta in poi se ne tornassero via, deve registrare solo che in questi ultimi anno sono quasi raddoppiati. E stiamo a discutere se si va al bagno vestiti?
Non ci accorgiamo che senza un progetto di civile convivenza, Monfalcone, magari con tanti fiorellini sulle strade del centro, è destinata ad essere una città divisa, con gente che si guarda in cagnesco? Per questo non mi entusiasma discutere su come si va in spiaggia a Marina Julia. Mi pare più importante che la città si impegni in un confronto e in un dialogo che porti ad una civile convivenza.
Abbiamo tanti problemi sui quali dialogare e discutere tra di noi, con la Regione, con lo Stato (Fincantieri ha i suoi indirizzi da chi sta al governo del Paese). Fintanto che ci accaloriamo sui social, quasi fossimo ad una partita di calcio dove il tifo prevale spesso sulla ragione, non ne verremo fuori. Occorre capacità di ascolto e di dialogo tra tutti, altrimenti, mentre la città affonda, continueremo leggere sul giornale e a discutere su come si va in bicicletta, su come ci si veste al mare, su dove si mettono i fiorellini, su quali manifestazioni fare per salvare il nostro commercio.
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