Quasi un mese dopo la dolorosa vicenda del neonato lasciato nella Culla per la Vita della Clinica Mangiagalli di Milano, si è verificato un altro evento analogo a Bergamo; era il primo caso del genere in quella struttura. Dopo l'enorme clamore suscitato dal caso del piccolo Enea, al quale a quanto pare dovrà essere assegnato un nome differente da quello scelto dalla donna che lo ha messo al mondo, i media avranno imparato a gestire queste situazioni così delicate con il giusto equilibrio? Macché: riporto due post pubblicati sulla pagina Facebook Il Corpo Estraneo, la quale si occupa di «Decostruzione di stereotipi, pregiudizi, luoghi comuni su adozione/affido».
Il primo, l'altroieri...
CI RISIAMO (Andy Warhol aveva ragione)
Ieri sera a Bergamo, sempre in Lombardia, la Croce Rossa fa rimbalzare la notizia che è stata ritrovata una bambina nella culla termica della città.
Non faccio in tempo a pensare che stavolta, vuoi per il “sovrasfruttamento” della notizia (è il terzo caso di ritrovamento di un neonato in meno di un mese), vuoi perché magari qualche critica è arrivata anche dentro le redazioni, sarà diverso, avrà meno viralità, saranno forniti meno dettagli che sono subito smentita dalla realtà.
La notizia, infatti, è rimbalza dai giornali locali a quelli nazionali ESATTAMENTE come per il caso della Mangiagalli, senza nessun filtro, cautela, protezione. Non solo, in questo caso addirittura circola la foto della neonata ritrovata in braccio a chi le ha dato il nome: Noemi. Non ho problemi a scriverlo perché tanto grazie alla sovraesposizione della vita di questa neonata, anche questa volta i futuri genitori adottivi non potranno mantenere il nome scelto per non renderla rintracciabile e riconoscibile. Non si chiamerà, quindi, Noemi. Dispiace per l’infermiera che l’ha “battezzata” e che poi l’ha fotografata e diffusa come se si trattasse di un piccolo trofeo capitato lì per dare i 15 minuti di notorietà a tutti, a lei e alla CRI di Bergamo in particolare.
Chissà se fra i depositari di culle termiche in giro per l’Italia le cose si stanno facendo competitive visto che, per fortuna, vengono usate una volta ogni 10 anni. Quella di Bergamo era la prima volta.
I particolari e i dettagli intimi e privati delle due protagoniste, una mamma e una bambina, sono violentati e centellinati dai media per la guerra dei like e dell’engagment. Chissà chi ha vinto stavolta ma scommetto che Fanpage ci farà uno speciale estivo.
Non voglio perdere però l’occasione di ribadire un paio di cose, già dette in occasione della Mangiagalli, ma repetita iuvant:
- I bambini con una storia di abbandono non sono i figli di tutti con cui farsi foto, divulgare particolari della loro nascita o ritrovamento, diffondere dati sanitari o lettere a loro destinate. Proprio per la loro particolare vulnerabilità vanno maggiormente tutelati alzando i profili di privacy, non abbassandoli e tenere riservate tutte le informazioni che li riguardano che vanno salvaguardate per quando saranno in grado di comprenderle.
- I bambini con una storia di abbandono non restano piccoli. Crescono e cercheranno informazioni sulla loro storia. Su questa strada vi ci siete messi voi, le vostre foto pubbliche in un momento di massima vulnerabilità, i vostri giudizi, i vostri commenti, i vostri dettagli non autorizzati.
- A nessuno si augura di partorire in solitudine, con i rischi del caso per gestante e neonato. Chi è incinta, o lo è stata, passa al setaccio i migliori ospedali dove c’è magari la TIN, in cui potere avere la migliore assistenza in un momento fisiologico ma delicato nella vita di una donna. Non si capisce perché da un mese ci si augura di partorire tutte a casa senza presidio sanitario e poi vedere come va. Al limite ti fai due passi alla ricerca di una culla termica. Non può funzionare così: il messaggio che DEVE passare NON è questo ma che in Italia la gestante di qualsiasi nazionalità può partorire gratuitamente e in anonimato in qualsiasi ospedale pubblico e poi lasciare lì il neonato. Si capisce la differenza con una culla termica? Non c’è a rischio una sola vita ma due perché di parto e di conseguenze del parto soprattutto se non assistito si muore. Chi è in grado, poi, di cercare una culla termica è in grado di trovare anche un ospedale. Questo, forse, poteva fare la differenza fra la vita e la morte del neonato ritrovato a Milano senza vita e che non ha mai respirato. Sarebbe cambiato qualcosa se fosse nato in ospedale?
- Poiché, come detto, i bambini con una storia di abbandono non restano piccoli, se sono lasciati in una culla termica da grandi non potranno rintracciare le loro origini se non facendo spiacevoli appelli pubblici. Chi è stato partorito in anonimato in un ospedale pubblico può, invece, chiedere alla madre che lo ha partorito se ha voglia di revocare l’anonimato dopo tanti anni e questo, è importante dirlo, si fa con un percorso intermediato e se non sapete quanto è importante è perché non lo avete mai fatto.
- E’ il terzo caso di ritrovamento di neonati in Lombardia, consiglierei al governatore Fontana di istituire un tavolo di lavoro per chiedere ai vari presidi di abbassare i toni e finirla di dare veline alla stampa e poi di verificare come si può in Lombardia far arrivare più in profondità e a pioggia il messaggio alle donne in difficoltà sui loro diritti di partorienti. Perché qualcosa non sta funzionando.
... e il secondo, ieri.
DI MALE IN PEGGIO
Purtroppo non si placa il clamore mediatico sul caso di Bergamo e, se possibile, sta diventando ancora più morboso.
È stata pubblicata la lettera che la mamma aveva lasciato alla neonata, con la sua calligrafia, la penna blu e le parole scelte per un addio che doveva rimanere riservato. Invece nessuno si fa sfuggire una rimescolata nel torbido se questo porta a elevare l'engagement della pagina (e quindi follower e quindi spazi pubblicitari).
Mi sono sentita in imbarazzo io a leggere una cosa così intima che mi chiedo con che pelo sullo stomaco si possa decidere di farci una foto e pubblicarla? Chi l'ha fotografata e chi l'ha data ai giornalisti? Quando il Garante per la privacy e l'Ordine dei giornalisti e la Federazione della stampa decideranno che è arrivato il momento per dire stop a tutto questo trash? Dove è il vostro limite per dire "Basta, oltre questa linea di decenza non si può andare?" Non l'abbiamo ancora raggiunta, evidentemente.
Voglio ricordare che ieri sono state pubblicate anche le foto della neonata. La Procura di Brescia presso il Tribunale per i minori non ha nulla da dire?
Ovviamente questo si trascina dietro le coppie che telefonano all'ospedale perché vogliono "l'orfano d'oro" scoprendo che non si diventa genitori adottivi alzando una mano, la retorica del "gesto d'amore" sentenziato da uno psicologo che arriva addirittura a vedere dalle righe scritte la rottura della violenza trigenerazionale, e poi l'identikit della mamma che sarà giovane e non so se dalla lettera siamo in grado di capire se è alta o bassa, bionda o bruna. Ci rassicurano però che la neonata è italiana non sudamericana come hanno detto ieri. Mi chiedo perché ci stiano informando di questa cosa. Perché così ci facciamo l'idea della brava ginnasiale e non della sudamericana senza permesso di soggiorno? Altrimenti non capisco né la notizia di ieri né la smentita di oggi. E sempre di dati sensibili e riservati si tratterebbe, ma importa?
Stanno anche riprendendo forza le sirene del "ripensaci, ti aiutiamo noi", senza il minimo rispetto per chi ha deciso che non era il momento di diventare madre e mi chiedo, ma dove eravate prima? Invece di averla fatta partorire in completa solitudine. Intervenite prima, no?
E, insisto, non convincete le partorienti che la cosa migliore che possono fare è usare le culle termiche perché è verso l'ospedale che dovete spingerle, in cui troveranno non solo anonimato ma anche cura e sostegno. Può accadere che un parto sia podalico, sia difficile e non vada bene senza l'aiuto dei medici e può accadere che un neonato alla nascita non respiri senza l'intervento di un neonatologo. Le culle termiche non sono la soluzione, lasciano le donne a partorire in solitudine e in pericolo e mettono in pericolo i loro figli. Facciamo qualcosa perché possano fidarsi delle strutture ospedaliere.
Restando in argomento, nella sezione Storie/Idee de Il Post ho letto la testimonianza di una figlia adottiva, oggi cinquantunenne e mamma a sua volta, che ha fatto vacillare una mia convinzione: quella che una creatura che viene allevata da persone diverse da quelle che l'hanno concepita, se viene accudita con amore, debba crescere senza avere il minimo senso di inadeguatezza né dubbi irrisolti.
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