Ieri il giornalista Lorenzo Tosa ha pubblicato la foto qui sopra; essa mostra il calciatore marocchino Sofiane Boufal che festeggia la storica semifinale raggiunta dalla sua nazionale – la quale mercoledì giocherà contro la Francia una partita ricca di significati, e non ho dubbi sul fatto che il mio tifo andrà ai nordafricani – ballando in campo con sua mamma. Tosa l'ha definita «Per distacco l’immagine più bella di questo Mondiale». Per nulla commosso dall'amore e dalla felicità che trasudano dallo scatto, è arrivato il leghista Simone Pillon, noto per le sue battaglie a favore della famiglia-tradizionale-basata-sul-matrimonio-fra-uomo-e-donna, a commentare sarcastico
Mi meraviglio di Lei caro Tosa. trovo questo post leggermente omofobo e poco inclusivo. La mamma è un concetto antropologico ormai superato, che deve lasciare posto ad un più corretto e rispettoso "genitore 1".
O il Gender vale solo per gli occidentali?
La replica di Tosa è stata da manuale:
Io mi meraviglio del fatto che di fronte a una foto di questa bellezza l’unica cosa che le viene in mente di fare o dire è una sterile polemicuccia da quattro soldi sul gender (che esiste solo nella sua fertile mente).
Anzi no, nessuna meraviglia. È perfettamente coerente col suo personaggio.
Stia bene fuori dal Parlamento, caro ex onorevole.
Eh già, la mancata rielezione dell'ex senatore è stata una delle pochissime gioie che mi ha regalato l'esito del voto del 25 settembre.
A proposito di gender, l'associazione LGBTI+ Omphalos segnala che nel 2015 il ministero dell'Istruzione ha smentito, tramite una circolare, l'esistenza della fantomatica "teoria del gender".
Infine, di recente la sociolinguista Vera Gheno ha condiviso un video relativo al suo intervento nell'ambito delle 4W4I (4 Weeks 4 Inclusion) nel quale affrontava un tema che le sta particolarmente a cuore: l'esigenza che la lingua tenga conto delle diverse identità di genere. E ha aggiunto, sconsolata: «Mamma mia l'immane tristezza dei commenti al post originario».
È proprio vero, Vera: ce n'è ancora tanta, di strada da fare. Ma nel mio piccolo sono pronta a fare la mia parte. E a correggermi qualora dovessi involontariamente dire o scrivere qualcosa che può urtare la sensibilità di qualcuno.
P.S.: Il titolo del post è quello di un brano interpretato da Romina Falconi e Immanuel Casto. Il quale, dismesso il nome d'arte e il look trasgressivo da icona LGBTI+, si riappropria del suo nome anagrafico, Manuel Cuni, e del suo autorevole ruolo di presidente nientepopodimenoché dell'associazione Mensa Italia. Qui puoi vederlo nel corso di una recente cerimonia di premiazione.
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