Se ieri era stata una giornata di festa per noi friendfeeder, giubilanti per l'inaspettato successo di Vera Gheno, oggi al contrario è stato il giorno del lutto: ci ha lasciati un personaggio — per pudore preferisco non farne il nome né il nickname, benché siano entrambi piuttosto noti nel mondo del web — molto popolare, seguito e devo dire anche amato, dopo aver letto la vera e propria valanga di commoventi messaggi di cordoglio indirizzati a lui.
P. (è l'iniziale del suo nome) se n'è andato a soli cinquantasei anni per una grave forma di tumore. P. aveva aperto un gruppo Facebook per tenere aggiornati gli amici che lo desiderassero — e io ero una di questi — sulle sue vicissitudini sanitarie. Per un certo periodo ci eravamo illusi che la prognosi fosse favorevole: il tumore era stato asportato, assieme a un organo non certo trascurabile come lo stomaco, le terapie e gli accertamenti proseguivano ma i medici parevano ottimisti. Nelle ultime settimane, però, P. ha iniziato ad accennare a notizie ben poco incoraggianti. Fino al ricovero, annunciato con toni rassicuranti, dal quale però non è mai più tornato a casa vivo. Le sue incursioni social si sono fatte sempre più sporadiche, e mi ha tolto letteralmente il fiato un suo commento in cui spiegava che solo i parenti più stretti erano autorizzati a fargli visita perché «potrebbe succedere da un momento all'altro»; era fin troppo facile capire a cosa si riferisse.
P. l'avevo incontrato di persona a qualche Blogfest o Festa della Rete che dir si voglia: era un tipo istrionico dall'entusiasmo contagioso. Circa tre mesi fa ho avuto con lui nella piazza virtuale di Facebook uno scambio di battute che, a ripensarci oggi, mi riempie di amarezza. La discussione verteva sul rapper Fedez, il quale aveva appena confessato di avere un problema di salute promettendo che avrebbe fornito maggiori dettagli a tempo debito, e la parte peggiore dei social si è sbizzarrita con ipotesi fantasiose e becere sulla sua patologia. Io mi sono permessa di osservare che, se fossi stata nei panni di Fedez, magari avrei preferito non sbilanciarmi anzitempo su una questione così delicata per non porgere il fianco alle illazioni degli hater, che dal mio punto di vista possono far male a lui per primo... ma qualcuno mi ha fatto notare che ciascuno ha i suoi modi e i suoi tempi per affrontare i problemi, e mettersi a sindacare al riguardo è abbastanza fuori luogo; la mia obiezione suonava un tantino come il famigerato «se l'è cercata», visto che attaccare qualcun altro non è mai giustificabile, men che meno in un momento di debolezza. Ma le parole definitive in quella discussione le ha scritte proprio P.: alla mia ipotesi «se [Fedez] si è esposto in questo modo l'avrà fatto cercando e aspettandosi un sostegno pressoché unanime», P. ha replicato «No, non lo fai per accettare sostegno. Io ne parlo per me, per esorcizzare la malattia, per aiutare altre persone a esorcizzare la loro, a far capire che è una malattia e niente altro. Non mi aspetto sostegno di alcun tipo».
Con queste parole, e col suo atteggiamento in generale di fronte alla malattia, P. mi ha regalato delle lezioni di vita per le quali gli sarò per sempre grata.
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