[Qui l'edizione del 2017 e qui quella del 2019]
In occasione della visita al centro vaccinale di Fiumicino, il 12 marzo scorso, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto tra l'altro «Per venire incontro alle esigenze delle famiglie abbiamo deciso già nel decreto legge di oggi di garantire il diritto al lavoro agile per chi ha figli in didattica a distanza o in quarantena. Per chi svolge attività che non consentono lo smart working sarà riconosciuto l'accesso ai congedi parentali straordinari o al contributo baby-sitting. [PAUSA] Chissà perché dobbiamo sempre usare tutte queste parole inglesi...?».
Prendendo spunto da questo episodio, la sociolinguista Vera Gheno ha spiegato per quale ragione l'atteggiamento di Draghi, il quale sfoggia un'eccellente padronanza della lingua inglese, sia tutt'altro che contraddittorio, e perché conoscere più lingue sia di per sé un'ottima cosa; l'importante è saperle usare con criterio.
Concludo condividendo il ritaglio di un'immagine trovata sui social, la quale costituisce a quanto pare lo screenshot della pagina di una rivista, dove sono elencate trenta parole o espressioni che in Italia vengono di norma usate in inglese, ma che si potrebbero, e im qualche caso a mio modesto avviso si dovrebbero, tradurre in italiano.
P.S.: Adesso che ci penso, forse caregiver sarebbe piaciuto a mia madre. Chissà come l'avrebbe pronunciato... ma difficilmente sarebbe riuscita a fare una figuraccia paragonabile a quella di Luca Zaia. A lei non andava di chiamare "badante" la sua fida badante, ma preferiva usare delle eufemistiche perifrasi.
benvenuto inglese! ci sono ingegneri che spiegano progetti in dialetto, Zaia che spiega "alla sua gente" in veneto, cosa sarà mai imparare qualche termine in un'altra lingua, il problema semmai è non conoscere il corretto significato neanche in italiano
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