Da parte sua, il diretto interessato ha chiarito di non aver «rilasciato alcuna intervista, a nessuno, come doveroso riserbo, in attesa del discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario #Draghi alle Camere del prossimo mercoledì al Senato e giovedì alla Camera, con conseguente dibattito parlamentare e voto di fiducia».
Ciò premesso, mi ha dato davvero fastidio il tono usato a giugno da Brunetta, quel «Basta, si torni tutti a lavorare!», come se chi fa smart working approfittasse del fatto che colleghi e superiori non possono tenerlo sotto controllo così facilmente per farsi i fatti propri. Io ho lavorato da casa dal 24 febbraio 2020 al 31 gennaio scorso quando è cessato il mio contratto, e devo dire che, al di là del fatto che potevo svegliarmi un'ora e mezza più tardi non dovendo recarmi in ufficio, mi davo da fare – e mi stressavo – mediamente di più rispetto al lavoro in presenza. Quasi mai staccavo alle 16 come previsto dal mio orario, ma spesso proseguivo fino alle 17, alle 18 e anche oltre, «tanto mica devo tornare a casa, ci sono già, sbrighiamo questa faccenda così domani posso occuparmi d'altro». E non penso che per i dipendenti pubblici le cose siano andate in maniera radicalmente diversa... a meno di non voler credere allo stereotipo dei fannulloni che lo stesso Brunetta ha contribuito ad alimentare fin dalla sua precedente esperienza di governo.
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