Il 30 maggio scorso Chiara Dossi, una trentottenne di Arco (TN) in cura per un linfoma di Hodgkin, ha affidato a una nota su Facebook il racconto di un episodio a dir poco spiacevole che le era capitato: a tre giorni di distanza da un ciclo di chemio, rientrando a casa dopo essersi concessa una mezz'oretta d'aria al parco dal momento che i pesanti postumi della terapia le avevano dato un po' di tregua, ha avuto la brutta sorpresa di trovare una notifica dell'INPS; le veniva comunicato che alle 18:50 del giorno prima risultava assente ad una visita fiscale, intimandole di presentarsi il lunedì successivo a Trento, a cinquanta minuti di macchina da casa sua, senza peraltro tenere assolutamente conto se ne fosse in condizione o meno. L'interessata però assicura che in quel momento era in casa, in preda a fortissimi malesseri, e che il campanello non ha suonato oppure lei non l'ha sentito, impegnata com'era a vomitare: e non so proprio con quale coraggio si possa mettere in dubbio la sua parola. Chiara ha condiviso la sua vicenda affinché i malati nelle sue condizioni non debbano essere più soggetti a visita fiscale e pertanto tenuti a rispettare le fasce orarie di reperibilità. Peraltro, nel suo caso particolare, erano stati gli stessi medici a consigliarle di stare il più possibile al sole e all'aria aperta, perché le fa bene... mentre invece una burocrazia cieca, sorda e spietata avrebbe voluto impedirglielo.
Per fortuna lo sfogo della donna sul web non è caduto nel vuoto: la vasta eco suscitata dal suo caso ha fatto sì che in Trentino l'INPS finisse per approvare il cosiddetto "protocollo Chiara", il quale stabilisce che i pazienti con malattie gravi documentate siano esentati dai controlli medici domiciliari se non possono lavorare. Una grande conquista di umanità e di civiltà destinata ad estendersi anche al resto d'Italia, soprattutto per merito di Chiara alla quale auguro di guarire presto e completamente e di tornare quanto prima a una vita normale: del resto la forza d'animo, fondamentale per affrontare prove come la sua, non le manca di certo.
Deve essere prima di tutto un segno di civiltà che un segno di compassione; sperando che sia presto esteso a tutta Italia
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