sabato 12 aprile 2025

Quando finisce un amore

Stasera condivido la traduzione dal francese di un post scritto dallo psichiatra Christophe André la cui lettura mi è stata consigliata da una gentile lettrice di questo blog che ha intrapreso con la sottoscritta un breve scambio epistolare – un modo vintage per dire "via e-mail" ;-) – dopo aver letto questo mio post. Che dire, anche se in sostanza non c'è scritto nessun concetto che qualunque persona dotata di buonsenso non possa esprimere, siccome in certi frangenti la lucidità necessaria latita, leggerlo mi ha fatto bene.

Heautontimorumenos, ovvero 50 sfumature di odio
Al giorno d'oggi, nella vita di coppia, capita spesso che i partner si separino. Circa una coppia sposata su due, con un picco intorno al sesto anno. E tra le coppie non sposate, quindi "in prova", le cifre sono molto più alte. In tutte le coppie di una vita umana, le separazioni rappresentano dunque la regola e non l'eccezione.
Quindi, abbiamo interesse a sapere come gestirle e digerirle, queste separazioni!
Anche se ci si lascia per delle buone ragioni, non è così facile, perché ci sono le nostre emozioni. Sì, è logico: più affetto o passione ci sono stati un tempo, più emozioni ci saranno al momento della separazione. In particolare queste tre: tristezza, preoccupazione, rabbia.
Tristezza perché è la fine di una bella storia, o di una storia che avrebbe potuto essere bella. Preoccupazione perché ci chiediamo che ne sarà di noi, se riusciremo a trovare qualcun altro, ecc. E rabbia perché, comunque, siamo arrabbiati con l'altro...
Delle tre, la rabbia è la più difficile da elaborare. La tristezza e la preoccupazione sono affari nostri; esse sono la prova che il legame si è spezzato. La rabbia, al contrario, dimostra che questo legame non si è spezzato. L'altro non c'è più fisicamente, ma è peggio, è lì mentalmente, pensiamo a lui tutto il tempo, vogliamo fargli del male.
Esistono 50 sfumature di odio, di tutti i gradi: minori come il risentimento o il rancore, maggiori come la rabbia o l'odio.
L'odio, in tutte le sue forme, è una forma di schiavitù; continuiamo a dipendere dal ricordo del nostro ex e, così facendo, facciamo del male a noi stessi. È ciò che il poeta latino Terenzio chiama, in una delle sue opere teatrali, con un termine greco colto: Heautontimorumenos, l'impulso a punire sé stessi [è inevitabile stabilire un nesso tra questo e il concetto della "seconda freccia" di cui ho parlato qui, NdC]. Siamo noi gli organizzatori e gli attori principali della nostra sofferenza e della sua cronicizzazione.
E come si fa a uscire dall'odio? Beh, possiamo uscirne vincitori: perdonando, dandoci spiegazioni e poi occupandoci di scrivere il resto della nostra vita invece di cercare di cancellare ciò che è andato storto. Cerchiamo di applicare i consigli dei manuali di sviluppo personale per le coppie.
Possiamo uscirne dal basso, attraverso il disprezzo («Era un poveraccio, una poveretta!») oppure attraverso la vendetta («Farò vedere a quella sgualdrina, a quel cane rognoso, quanto mi è costato avermi fatto perdere 5 anni di vita al suo fianco»).
Possiamo anche scegliere la via dell'oblio...
Sì, l'oblio non è male. Non si tratta di amnesia, intendiamoci! Nell'amnesia cancelliamo. Nell'oblio ricordiamo, ma volontariamente, quando richiamiamo il ricordo; il resto del tempo rimane conservato nella quiete, lontano dalla nostra consapevolezza.
Dimentichiamo, ma ricordiamo comunque la lezione, per non ripetere gli stessi errori nelle avventure future o nel caso in cui l'ex torni a bussare alla porta.
Nell'odio non c'è oblio, ci avveleniamo con il nostro dolore, ci distruggiamo odiando il nostro ex. Ma la saggezza, anziché distruggere sé stessi, consisterebbe nell'imparare dal proprio dolore.
Questo è il cammino che ci insegna il filosofo greco antico Epitteto (Pensieri, XI):
«Incolpare gli altri dei propri mali è tipico di chi non ha educazione filosofica; chi l'ha intrapresa incolpa sé stesso; chi l'ha completata non incolpa né gli altri né sé stesso».

 [La "colonna sonora" di questo post non poteva che essere di Riccardo Cocciante]

venerdì 11 aprile 2025

In cerca di un sorriso

Stasera condivido una piccola rassegna di reel comici che ho raccolto nel corso dei mesi. Prima di scrivere il post me li sono riguardati, perché di buonumore in questo momento della mia vita ne ho un gran bisogno!

  • A molti sarà capitato di pensare che il comportamento di certi personaggi cinematografici non avesse senso. I The Jackal hanno provato a immaginare come sarebbero potuti andare a finire alcuni film famosi se i protagonisti avessero fatto le scelte "giuste".
  • I Contenuti Zero mostrano Dante mentre ascolta un messaggio vocale della moglie, colta da un attacco di gelosia non proprio ingiustificato.
  • In un mondo del lavoro in cui la velocità è un imperativo categorico, Federico Basso decanta i pregi della sua "azienda slow".
  • Le Coliche rappresentano una situazione che ho vissuto parecchie volte a cena fuori, da protagonista: posso essere talmente sazia da schiattare, ma quando il cameriere arriva con la lista dei dolci, come si fa a dire di no? ;-)
  • Sempre a proposito di stravizi alimentari, Lorenzo Baglioni insegna a rendere più appetitosa, ma assolutamente anti-dietetica, una sanissima galletta ai cereali.
  • Il comico romano Francesco De Carlo, sfoggiando una padronanza dell'inglese di tutto rispetto in trasferta a New York, spiega agli americani quanto siamo "bravi" noi italiani a rovinare i titoli dei film: Lo squalo (Jaws), Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), Mamma, ho perso l'aereo (Home Alone).
  • Infine Paolo Ruffini, che sto rivalutando grazie alle serie Il Babysitter e Il Badante, dimostra in video come questo una sensibilità che, ricordando certi suoi trascorsi non proprio di altissimo livello, magari non immagineresti.

giovedì 10 aprile 2025

Quando si dice "tenerci alla pelle"

Qualche settimana fa, sul canale YouTube della catena di supermercati italiana Bennet, è stato pubblicato il video qua sotto.

Ecco la trascrizione.

Può una banana aiutare a prenderti cura della tua salute?
Ogni anno nel mondo si registrano circa 150.000 nuovi casi di melanoma, 13.000 solo in Italia. Se diagnosticato precocemente, la probabilità di sopravvivenza è del 90 %. Nonostante questo, il 54 % degli italiani non ha mai fatto un controllo.
Eppure la prevenzione inizia con un gesto semplice: uno sguardo alla pelle.
Bennet, in collaborazione con Fondazione Veronesi, presenta The Screening Banana.
Le banane hanno una cosa in comune con la nostra pelle: le macchie.
Nel reparto freschi dei punti vendita Bennet, su alcune banane abbiamo applicato uno sticker removibile che riporta i parametri fondamentali per il controllo dei nei.
Un QR code collega a una pagina di approfondimento sul nostro sito realizzata con il supporto scientifico di Fondazione Veronesi.
Dott. Mario Santinami, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Melanoma e Sarcoma della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori - Milano: «Come fare per riconoscere in maniera empirica un qualcosa che è meglio far vedere allo specialista?»
La campagna è stata amplificata su tutti i canali del brand, per sensibilizzare le persone sull'importanza della diagnosi precoce e fare della prevenzione un'abitudine di tutti i giorni.
The Screening Banana. La prevenzione del melanoma inizia con uno sguardo.
Le indicazioni fornite hanno solo scopo informativo e non sostituiscono un parere medico.
Per una valutazione della tua salute e una diagnosi tempestiva, consulta il tuo medico o uno specialista qualificato.

Applausi a Bennet! (che peraltro "rischia" di spodestare Esselunga come mio supermercato di fiducia, per motivi logistici, se la trattativa di affitto che ho intrapreso andrà a buon fine) Peraltro mi ha ricordato che è passato diverso tempo dalla mia ultima visita dermatologica, e sarebbe il caso di fare un controllino, visto che io sono piena di nei...

mercoledì 9 aprile 2025

Saggezza popolare

"È vero che quando si chiude una porta, si apre un portone, Lloyd?"
"No, sir. Quando si chiude una porta, c'è una porta chiusa"
"Ma allora le possibilità? Le occasioni?"
"Dipendono se la porta si tiene davanti agli occhi o la si lascia alle spalle, sir"
"Sai sempre ribaltare la situazione. Eh, Lloyd?"
"O vedere l'altro lato di ogni cosa, sir"
"Quello positivo?"
"Quello che non si conosce ancora, sir"

«Si chiude una porta, si apre un portone», mi ripeteva per incoraggiarmi dopo che avevo perso il lavoro colui che oggi, con mio indicibile sconforto, rappresenta per me la porta chiusa. E anche se quattro anni fa il portone si aprì in tempi inaspettatamente rapidi, questa volta il mio innato pessimismo, unito a una certa consapevole rassegnazione, mi induce a prefigurarmi le alternative future che mi si parano davanti più o meno come nella vignetta seguente.

Un'altra espressione abbastanza comune è quella che si suole utilizzare per definire l'atteggiamento nei confronti della vita: vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Quello esposto nell'immagine qui sotto mi sembra un approccio piuttosto saggio alla questione! ;-)

martedì 8 aprile 2025

Confessioni di una nerd "boccalona"


Mercoledì scorso, spulciando le newsletter che ricevo sull'indirizzo e-mail di lavoro, mi sono imbattuta nel link a quest'articolo, pubblicato su Microwaves & RF:

Il Congresso abroga la legge di Ohm per promuovere una maggiore efficienza
I legislatori del partito di maggioranza si sono affrettati a rinvigorire l'economia americana con una nuova legge che, a detta loro, farà risparmiare ai produttori e ai consumatori della nazione miliardi di dollari in energia elettrica precedentemente sprecata. I principali esperti di tecnologia della nazione rimangono scettici.

Considerando le politiche discutibili del governo Trump e le derive antiscientifiche che esso accoglie, mi è quasi sembrata vera... finché non mi sono accorta che era stata pubblicata il giorno prima, 1° aprile. Un pesce d'aprile, in inglese April Fools' Day, insomma.

Oggi la mia attenzione è stata attirata da quest'altro articolo, pubblicato su Electronic Design.

Hacking per un sonno migliore: una guida al progetto fai da te
Con questo semplice circuito, puoi hackerare il sonno e aiutare a superare l'insonnia.

Dal momento che soffro di disturbi del sonno, ulteriormente peggiorati in quest'ultimo periodo, per un attimo ho voluto sperare che ci fosse del vero... ma anche in questo caso, pesce d'aprile! :-/

Che mattacchioni 'sti nerd, nevvero? ;-)

lunedì 7 aprile 2025

Will we survive?

Per distendere un po' i nervi prima di andare a dormire – è stata una giornata più difficile che mai, nel solco di quello che scrivevo tre giorni fa, e prima mi tiro fuori da questo inferno meglio è :'-( – mi concedo un po' di evasione condividendo un paio di video, se non divertenti, quantomeno surreali.

Il primo, del quale si è discusso parecchio nei giorni scorsi, è quello in cui Hadja Lahbib, Commissaria europea per la parità, la preparazione e la gestione delle crisi nella Commissione von der Leyen II, mostra il contenuto della sua borsa con l'occorrente per sopravvivere 72 ore in caso di crisi. Visti i venti di guerra che soffiano, il tono leggero usato nel video è apparso "un tantinello" fuori luogo.

Qualche giorno dopo i Contenuti Zero l'hanno riproposto in stile parodistico, riuscendo forse a risultare addirittura più inquietanti rispetto ad Hadja Lahbib...

domenica 6 aprile 2025

Omaggio o furto?

Stasera ritorno sull'argomento dell'intelligenza artificiale usata per creare immagini nello stile dello Studio Ghibli. Alla fine non ho resistito alla tentazione, e ho insistito con ChatGPT fino a "ghiblizzare" una mia foto: la puoi vedere qui accanto.

Riporto qui di seguito alcune opinioni in merito: nettamente contrarie le prime due, quella di Ferdinando Cotugno...

Quando Princess Mononoke uscì sul mercato americano, Hayao Miyazaki fece recapitare una katana al distributore, Harvey Weinstein (quel Weinstein), con un bigliettino che conteneva solo due parole: no cuts. Niente tagli. Un modo per dire: non ti azzardare a tagliare il mio film per adattarlo al gusto tuo.
L'antefatto era che un altro film Ghibli, Nausicaa della Valle del vento, era uscito stravolto nei cinema americani. La sottile minaccia funzionò e Princess Mononoke uscì come doveva e rifondò la storia del cinema di animazione.
Il cinema è sempre stato potere e conflitto e nessuno ci si può sottrarre, nemmeno Miyazaki. Ma era un campo di forze ragionevolmente giocabili, dove uno schivo genio giapponese poteva far valere le sue ragioni contro un tizio come Harvey Weinsten al picco del suo potere.
I commenti peggiori di questi giorni sulla ghiblification sono quelli amorali che dicono: i linguaggi sono sempre cambiati, facendoci passare come i difensori del grammofono. Questa non è evoluzione del linguaggio, questa è una predazione. Quel tipo di predazione che produce desertificazione.
Un film di animazione è molto diverso da un film live action, per esistere ha bisogno del pensiero delle cattedrali, viene da quel tipo di follia creativa. Vedo che si tirano fuori vecchie interviste di Miyazaki sull'animazione 3D o la CGI come implicito sostegno all'AI. Ma Toy Story era un'evoluzione della Città Incantata, un cambio di scenario e linguaggio che un vecchio come Miyazaki aveva anche il diritto di metterci un po' a capire.
Trasformare i nostri zii nei personaggi della Città Incantata è una rapina che impoverisce tutti per certificare l'arroganza e il profitto di pochi. E aver diffuso il tool gratuitamente come base meme non è certo generosità. È la violenza di dire: non lo faccio nemmeno per guadagnarci, lo faccio solo per umiliarvi

... e quella di Professor X...

[...] Ieri stavo parlando con una signora e le dissi: «non capisco questa mania di usare l’intelligenza artificiale per creare immagini ispirate ai cartoni di Mizihaky [sarebbe Miyazaki, ma vabbè, NdC]. Per me andrebbero abolite.» Al che lei mi rispose: sì, però l’IA mi aiuta a fare cose. A scrivere le mail. A ricercare informazioni. A fare questo e a fare quello insomma. A mo di cervello sostituivo a quanto pare. E già questo è grave.
Ma c’è un’altra cosa, ben più importante, che voglio dirvi: l'arte è un'espressione umana. Il pensiero, i sentimenti, i ragionamenti, tutto ciò che proviamo, sentiamo, immaginiamo non potrà mai essere replicato da una macchina. Mai! Ed è proprio questo il punto: come società abbiamo toccato il fondo.
La nostra è una società che non ha più tempo per l'eleganza, per la bellezza, per la complessità; abbiamo sinteticità ma non chiarezza, rapidità ma non efficienza, informazioni ma non conoscenza. La gente non sa più pensare. Ed ecco perché ci affidiamo alle intelligenze artificiali che poi di intelligente non hanno nulla, ma proprio nulla. L’intelligenza artificiale è solo una macchina, programmata da qualcuno, che esegue dei comandi pre impostati. Punto.
E sì cavolo, le parole hanno potere. Se continuiamo a chiamare «intelligente» un programma che non pensa ma esegue, non ragiona ma elabora, che non è in grado di pensare, ragionare, sentire ma solo etichettare, eseguire, punire, un giorno ci troveremo ad essere giudicati da quello stesso programma che potrà disporre a piacimento delle nostre vite. Se sia un bene o un male lo lascio decidere a voi.

... mentre è tendenzialmente più favorevole quella di NO Signal - Comunicare MALE.

MIYAZAKI E IMMAGINI AI
Negli ultimi giorni le pagine social sono letteralmente invase da immagini di meme, scene di film o personaggi storici, rifatti dall'intelligenza artificiale nello stile di Miyazaki di Studio Ghibli.
Questa tendenza, nota come "Ghiblificazione", ha invaso i social media, immagino con disappunto dello stesso Miyazaki, che già in passato aveva espresso una forte opposizione all'uso dell'IA nell'arte.
In un'intervista del 2016, infatti, Miyazaki aveva dichiarato di essere profondamente disgustato dall'uso della AI nell'arte e di sentire che questo fosse un insulto alla vita stessa.
Questa intervista è stata ovviamente riproposta negli ultimi giorni, senza dire che si tratta di commenti vecchi di 8 anni, ma facendo intendere che fossero in risposta a questo improvviso trend social.
Condivido il pensiero di Miyazaki, l'arte è un'espressione profondamente umana, l'idea che una macchina possa replicare l'emozione e la sensibilità insite nel processo creativo umano è inconcepibile.
Ciò detto la recente ondata di immagini AI nello stile Ghibli ha riacceso queste discussioni e mentre per alcuni queste creazioni sono un omaggio all'estetica di Miyazaki, altri le considerano una banalizzazione del suo lavoro, priva della profondità e dell'umanità che caratterizzano le sue opere.
Ciò solleva questioni legali ed etiche sull'uso dello stile di un artista senza il suo consenso, ma anche dubbi sull'effettivo "danno" che potrebbero lamentare Studio Ghibli e Miyazaki, visto che quelle immagini non sono una reale forma di "concorrenza" e anzi stanno portando un'enorme visibilità.
È vero che Miyazaki era già molto conosciuto, ma tanti lo stanno scoprendo solo ora.
Lui sicuramente non è felice che il suo inconfondibile stile venga imitato per replicare meme e scene di film comici anni 80, ma non so sia giusto definirlo un danno o una mancanza di rispetto oppure se sia più corretto vederlo come un'omaggio e tanta visibilità gratuita.

Concludo con alcune immagini a tema: l'interfaccia di ChatGPT trasformata nello stile dello Studio Ghibli (by Luca Altimani)...

... tre memi "ghiblizzati", i primi due dei quali pur essendolo richiamano la questione del furto di proprietà intellettuale...



... e infine il vero motivo per cui l'intelligenza artificiale rischia di farci perdere il lavoro! :-)

sabato 5 aprile 2025

Dazi amari

La questione dei dazi annunciati da Donald Trump, che non credo di esagerare se affermo che rischia di mandare a rotoli l'economia e quindi il benessere in tutto il mondo, è parecchio discussa in questi giorni. Sembra peraltro che i suddetti dazi siano stati calcolati in modo, come dire, abbastanza "creativo".

A tal proposito si è espresso @ianbremmer.

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E l'amica Giorgia Meloni, come l'ha presa? Ha provato a immaginarlo il vignettista Natangelo.

Sulla stessa falsariga c'è questo thread.

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Ma come mai si ironizza tanto sui pinguini? Ecco perché.

Ed ecco un altro thread a tema pinguini.

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Concludo linkando un po' di video satirici sui dazi, realizzati da La sora Cesira, i Gemelli di Guidonia, Lorenzo Baglioni e Contenuti Zero (i quali omaggiano chiaramente il film Non ci resta che piangere).

venerdì 4 aprile 2025

Un triste compleanno

In genere non mi ricordo quasi mai di celebrare il compleanno del mio blog... e invece quest'anno sì, perché avevo impostato un promemoria in Google Calendar. Una ricorrenza importante, questa: diciotto anni, che in "anni umani", e in un'epoca in cui i blog sembrano pezzi di antiquariato in confronto ai social e ai nuovissimi sviluppi dell'intelligenza artificiale, sono un'eternità. Nel mio primissimo post, il 4 aprile 2007, parlavo di televisione, della quale all'epoca ero una fruitrice abbastanza accanita... mentre oggi non solo non ne scrivo, ma non ne guardo quasi più.

Comunque non ho nessunissima voglia di festeggiare alcunché, perché proprio in questi giorni un pezzo bello lungo della mia vita mi si è sgretolato all'improvviso tra le mani. Crudele ironia della sorte, tutto era cominciato anche grazie al blog, sul quale esprimo le mie opinioni, le mie passioni e i miei pensieri, pur senza andare mai troppo sul personale; infatti non darò ulteriori dettagli su ciò che è successo, anche perché sarebbe troppo penoso. E tutto finisce anche "per colpa" del blog, che da componente non trascurabile della mia personalità è diventato quasi un rivale che mi sottraeva ad altre incombenze più importanti, e da ignorare a costo di rimanere all'oscuro di quello che mi passava per la testa, essendo io una di ben poche parole (a voce). Cuoricini dei Coma_Cose sarà una canzone sciocchina quanto te pare, ma tocca un tema attuale nell'era dei social e soprattutto nel mio presente: quando like e commenti si diradano fino a sparire, è uno dei (tanti) segnali che qualcosa non va...

In un certo senso i diciott'anni del blog sono per me l'occasione di diventare veramente adulta, io che 18 candeline le ho spente da un pezzo, e per avviarmi verso una fase della vita del tutto nuova e imprevedibile, che da un lato non vedo l'ora di iniziare, dall'altro... beh, sono terrorizzata. A differenza di certe persone più inquiete di me, che cambiano strada e vita in continuazione, io ho la dannata tendenza a rimanere inerte nella mia comfort zone, anche se non sono felice e soddisfatta... finché non capita un evento esterno, o comunque indipendente dalla mia volontà, a buttare tutto all'aria.

Concludo con una NOTE TO SELF, visto che non è la prima volta che ci casco: fidati delle prime impressioni, e non lasciarti travolgere dall'illusione di sentirti speciale!

giovedì 3 aprile 2025

Chi può si cura, chi non può s'arrangi

A metà marzo Andrea ha raccontato di essere in lista dal 4 ottobre scorso presso una struttura privata convenzionata col SSN per un intervento chirurgico abbastanza di routine; a un certo punto, esasperato dal temporeggiare della sanità pubblica, ha deciso di farsi operare in una clinica privata, ovviamente dietro lauto pagamento. Il suo post si conclude con alcune considerazioni che meritano di essere riportate integralmente.

Tre cose in tutta questa storia mi fanno girare le scatole. Io, fortunatamente, avevo la possibilità e ho pagato. Chi non ha questa possibilità cosa fa? Non si cura. E nel 2024 sono infatti state 4,5 milioni le persone che hanno rinuciato a farlo. Altra cosa. Da 36 anni mi vengono prelevati in busta paga, come a tutte le persone che lavorano, i soldi per finanziare il SSN; è normale che poi al momento del bisogno si sia costretti a rivolgersi al privato perché nel pubblico si viene sostanzialmente ignorati? Per chiudere, le spese militari sostenute dall'Italia sono nell'ordine dei 33,5 miliardi di euro all'anno (1,54% del Pil). Nel prossimo anno saliranno a 44,4 miliardi (obiettivo del 2% del Pil) e se dovessimo arrivare al 3% del Pil, come ci chiede la Nato, dovremmo tirare fuori ogni anno 66,5 miliardi di euro, più o meno l'equivalente di tre finanziarie lacrime e sangue come l'ultima licenziata dal governo.
Nel frattempo chi può si cura, chi non può s'arrangia. Siamo passati dalla sanità pubblica e gratuita alla sanità per censo senza neppure accorgercene.

L'esperienza di Andrea, quella dei biblici tempi d'attesa per le prestazioni nella sanità pubblica, tempi che "miracolosamente" si riducono in modo drastico mettendo mano al portafoglio o, per i più "fortunati", avvalendosi di un'assicurazione sanitaria, è comune a un sacco di gente, compresa me oltre a varie persone a me vicine. Comunque la testimonianza di Andrea ha avuto per forza di cose molta meno visibilità rispetto a quella della giornalista Francesca Mannocchi, che personalmente conoscevo soprattutto per le sue ospitate a Propaganda Live ma che collabora con diversi canali televisivi e testate giornalistiche sia italiane sia internazionali, occupandosi di migrazioni e conflitti riguardanti principalmente i paesi della lega araba e la Turchia.

Due giorni fa la Mannocchi, che alla propria convivenza con la sclerosi multipla aveva dedicato un libro, ha pubblicato su Instagram

Ogni sei mesi devo fare la mia terapia di Ocrelizumab per la Sclerosi Multipla.
E ogni sei mesi devo ripetere una lunga serie di analisi e la risonanza magnetica per vedere se questa stronza di malattia è ferma oppure no.
Dunque, siccome pago le tasse e vivo in un paese in cui le cure sono garantite a tutti per Costituzione, mi avvalgo dei mezzi a disposizione della me-cittadina e chiamo il CUP della mia regione per avere un appuntamento, la cui spesa dovrebbe essere coperta dallo Stato.
Per giorni il messaggio pre-registrato mi dice che le linee sono intasate e dunque suggerisce di richiamare 'in un altro momento'.
Oggi, finalmente, rispondono.
La prima risonanza magnetica disponibile è a luglio 2025 a Frosinone, in un'altra provincia, a 90 chilometri da casa mia.
Per le due strutture dove di solito faccio le risonanze non c'è proprio disponibilità e non si sa per quanto.
Così ho chiamato la clinica dove ho fatto la prima risonanza magnetica e un po' delle successive, ho detto "Buongiorno, ho la sclerosi multipla, l'esenzione e blablabla. So che non c'è posto per noi malati che godiamo di un diritto (l'esenzione), ma se prenoto privatamente quanto costa e quando c'è posto?"
Costa 680 euro e c'è posto dopodomani, mi hanno risposto con la cortesia che si riserva a chi paga.
E quindi ho preso appuntamento. Perché ne ho bisogno, perché è urgente, perché ho la fortuna di potermelo permettere.
E' così che si demoliscono le democrazie.
Dando l'illusione che i diritti siano per sempre protetti, dal diritto e dalla Costituzione, mentre vengono quotidianamente erosi dalla politica che non è all'altezza del presente.
Tina Anselmi, a cui si deve il Servizio Sanitario Nazionale, nel 2006 scrisse in 'Storia di una passione politica' che la democrazia 'è un bene delicato, fragile e deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni precedentemente concimati attraverso la responsabilità di un popolo'.
La responsabilità di un popolo, come dice la Costituzione.
Art. 32 della Costituzione Italiana
"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti."

Oggi, riguardo al notevole clamore mediatico che la sua testimonianza ha suscitato, è tornata sull'argomento.

Da quando ho scritto l'ultimo post ho ricevuto centinaia di messaggi di persone che hanno generosamente condiviso con me le loro storie e le loro difficoltà.
Sono tornata a scriverne oggi su @la_stampa, consapevole di avere una visibilità che la maggior parte delle persone non hanno.
La lotta per una sanità equa, universale, dignitosa, è una battaglia di tutte e tutti.
Ci siamo abituati a pensare che la Sanità pubblica non sia un diritto ma uno spazio inabitabile e se abitabile comunque scomodo. Ci siamo abituati a pensare che essere comuni cittadini alle prese con la Sanità pubblica implichi, naturalmente, fatica, ostacoli e la possibilità di non raggiungere mai il traguardo che ci siamo dati: cioè un appuntamento, una visita medica, in ultima analisi la cura. E' come pensare di dover sempre meritare qualcosa che ci spetta e ci spetta di diritto, perché lo dice la Costituzione, perché paghiamo le tasse, perché è così che dovrebbero funzionare le democrazie: dovrebbero essere dei luoghi in cui i diritti e i doveri sono abitati dai cittadini con la stessa confidenza, con l'abitudine a dare perché si vuole la consuetudine dell'avere. Invece sembriamo arresi all'ingiustizia, rassegnati al malfunzionamento, destinati all'abbandono. E in questo girovagare kafkiano delle richieste e delle attese, per ogni persona che si intestardisce ad avere quello di cui ha diritto, ce ne sono dieci che smettono di curarsi. Perché per ogni persona che al terzo giorno di centralini intasati decide di chiamare una clinica privata e pagare cure che dovrebbero essere coperte dallo Stato, ce ne sono sempre di piu' che quelle cure non possono permettersele e semplicemente smettono di curarsi. E ogni cittadino che si arrende, allunga la lista dei fallimenti della politica.

L'articolo è dietro paywall, e il post ne mostra solo una parte, mentre nelle stories al momento è visibile la paginata intera, per quanto poco leggibile.

Un post successivo riporta alcuni punti salienti dell'articolo.

Due giorni fa, affaticata e frustrata dal mio rapporto con la Sanità Pubblica ho scritto un lungo post. Raccontavo delle mie estenuanti attese col centralino del Cup della Regione in cui vivo, il Lazio. La difficoltà di accedere a un servizio, la facilità di trovare una struttura che privatamente, invece, potesse garantirmi quello stesso servizio nel giro di poche ore. Nelle ore successive, e ancora adesso - mentre scrivo - ho ricevuto centinaia di mail e messaggi di cittadine e cittadini che vivono, scoraggiati come me, un rapporto con le istituzioni che fiacca e svilisce. Sono pazienti ma anche medici, parenti di malati ma anche infermieri. […] Ho la sclerosi multipla, la mia impegnativa era per una risonanza magnetica e forse ho sbagliato io a fare riferimento al Cup quando avrei dovuto informarmi coi miei medici di riferimento, che ringrazio - sempre - per la cura e l’abnegazione che mettono nel gestire un numero di malati che fa impallidire. Ma questo è un dettaglio, come illustrano i messaggi che ho ricevuto e continuo a ricevere. Puoi essere malato di cancro come di una malattia cronica come la mia, può esserci su carta la legge x o y che dovrebbe tutelare un diritto, il punto è che di fronte a un malfunzionamento, a una disfunzione, alle carenze della Sanità Pubblica siamo portati a pensare: niente di nuovo sotto il sole. È la malasanità di questo Paese.

mercoledì 2 aprile 2025

Giulia (Tramontano), Giulia (Cecchettin) e le altre

Oggi in macchina ho ascoltato le due parti della storia di aprile del podcast Indagini di Stefano Nazzi, uscita ieri come di consueto ogni primo del mese. L'argomento è l'atroce assassinio, da parte del 30enne Alessandro Impagnatiello, della sua compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi del loro bambino, il 27 maggio 2023. In primo grado Impagnatiello, reo confesso, è stato condannato all'ergastolo essendo stata riconosciuta l'aggravante della premeditazione, ma i suoi difensori hanno già presentato appello.

E sempre oggi la cronaca nera è stata dominata da altri due casi di femminicidio: quelli di due studentesse entrambe 22enni uccise a coltellate, Ilaria Sula (a Roma) e Sara Campanella (a Messina). Gli assassini, nel primo caso l'ex fidanzato Mark Antony Samson e nel secondo Stefano Argentino, un compagno di corso ossessionato dalla ragazza, hanno già confessato.

Dirò una banalità, per la serie "la fai facile tu", ma tant'è: il governo può provare quanto vuole a inasprire le pene per questo genere di reati, peraltro aggirando la Costituzione, ma se la mentalità collettiva non cambia, se le nuove generazioni non vengono educate alla parità, al rispetto e alla non violenza fin dalla più tenera età, dubito che questo sconvolgente fenomeno potrà essere eradicato.

martedì 1 aprile 2025

Sei un'ape o una mosca?

Di recente mi sono imbattuta nell'immagine qui sopra, recante una scritta.

Un uomo saggio una volta disse:
«Le api non perdono tempo a spiegare alle mosche che il miele è meglio della m***a».
Rileggilo di nuovo.

Anziché limitarmi a rileggerlo, l'ho googlato per vedere se per caso qualcuno avesse sviscerato il concetto, e ho trovato questo post di Favourite Singongo.

Le api sono selettive. Non le troverai ovunque; quando lo fai, è perché c'è qualcosa di prezioso nelle vicinanze, che si tratti di acqua, fiori o qualsiasi altra cosa che offra vero nutrimento. Sanno esattamente cosa stanno cercando e dove investire il loro tempo e la loro energia.
Le mosche, d'altra parte, sono dappertutto. Prosperano in ambienti sporchi e caotici, attratte da tutto ciò che è marcio o sgradevole. Non ci vuole molto per attirare una mosca: lascia semplicemente fuori qualcosa di avariato, ed eccole lì.
Lo stesso vale per le persone. Puoi scegliere di essere un'ape, attratta dalla crescita, dal valore e dall'energia positiva, oppure puoi essere una mosca, e inseguire cose che sono al di sotto del tuo potenziale, accontentandoti di ciò che è facilmente accessibile ma in definitiva senza valore.
In sostanza, si tratta di valore: cosa cerchi, come trascorri il tuo tempo e l'ambiente in cui ti permetti di prosperare. Le api non abbassano i loro standard. Si muovono con uno scopo e una direzione, lavorando costantemente per creare qualcosa di dolce e duraturo. Le mosche? Esistono semplicemente, reagendo a qualsiasi cosa ci sia là fuori, senza alcun senso di discernimento.
Ma ecco il fattore chiave: il valore non riguarda solo quello che hai o dove ti trovi, ma quello su cui scegli di concentrarti e di perseguire. Se vivi come un'ape, sei selettivo riguardo a quello che ti circonda, alla tua azienda e ai tuoi obiettivi. Non sprechi tempo in ambienti negativi o con persone che non capiscono il tuo valore. Invece ti muovi verso ciò che ti nutre, ciò che eleva il tuo scopo e ciò che ti avvicina al successo, che si tratti di crescita personale, connessioni significative o risultati duraturi.
Le mosche, d'altra parte, si accontentano di tutto. Sono guidate da soluzioni rapide, attratte da ambienti che forniscono gratificazione immediata ma nulla di sostanziale. Non mettono mai in discussione l'ambiente circostante e, alla fine, non si elevano mai al di sopra dei bassi standard che hanno accettato.
Quindi, domandati: sei un'ape o una mosca?
Essere un'ape significa impegnarsi per l'eccellenza e uno scopo. Si tratta di adoperarti per ciò che aggiunge valore alla tua vita e riconoscere che sei degno del miele, non degli scarti. Significa essere consapevoli degli ambienti in cui ti metti e assicurarti che tutto ciò che fai sia in linea con i tuoi veri obiettivi.
Alla fine della giornata, sono le tue scelte a definirti. Insegui ciò che è conveniente e fugace oppure cerchi ciò che è raro, prezioso e arricchente? Ti accontenti di ciò che ti circonda oppure crei attivamente un ambiente che favorisca la crescita e la realizzazione?
La differenza tra un'ape e una mosca non sta solo nel dove vanno, ma nel perché ci vanno. Sii intenzionale con la tua vita. Insegui il miele, e non preoccuparti delle mosche: non sono al tuo livello.

E niente, mi ha dato parecchio da pensare...