Giorni fa il giovane editore conservatore Francesco Giubilei – la prova vivente che non è affatto così scontato che le nuove generazioni contribuiranno al progresso dell'umanità – ospite del talk show di LA7 Omnibus si ostinava ad appellare Kamala Harris, candidata del Partito Democratico per le prossime elezioni presidenziali statunitensi, al maschile, "candidato", nonostante la conduttrice visibilmente contrariata lo invitasse ad usare il femminile.
- Kamala Harris è un candidato
— Il Grande Flagello (@grande_flagello) July 25, 2024
• Una candidata
- Mi sento più a mio agio col maschile
Qualcuno spieghi a Giubilei che candidatA è italiano, e non un pericoloso stravolgimento della dittatura giëndər pic.twitter.com/mlrox9xGp0
Notevole la sua arrampicata sugli specchi:
Io riconosco l'importanza della differenza fra uomo e donna, ci mancherebbe altro, per me è un aspetto fondamentale il rispetto dei generi sugli uomini e sulle donne. Però io preferisco usare "il mio candidato". Mi sento più a [mio] agio in una dinamica di libertà di parola.
Ah, la libertà di parola come alibi per giustificare qualunque fesseria, annamo bbene...
Tanto per restare in tema, condivido il reel pubblicato proprio oggi da Manolo Trinci sui nomi ambigenere, che hanno un'unica forma per il maschile e il femminile: è sufficiente cambiare l'articolo determinativo o indeterminativo – un' con l'apostrofo si usa davanti ai nomi femminili che cominciano per vocale, mai con quelli maschili, mi raccomando! – per specificare il genere. Quindi chi si diverte a usare parole come "artisto" o "baristo" le spara grosse (quasi) quanto la ex velina Maddalena Corvaglia, che peraltro ama atteggiarsi a dispensatrice di profondi spunti di riflessione...
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