Qualche mese fa mi sono sottoposta a un'accurata visita oculistica di controllo. Era la prima volta che andavo dall'oculista da quando nel 2016 venni a vivere in Brianza, se si eccettuano gli esami non troppo approfonditi che mi toccano quando devo rinnovare la patente (più spesso di quanto debbano fare quasi tutti i miei coetanei, ahimè). E se non avessi dovuto compiere l'investimento di rifare gli occhiali perché le lenti erano irrimediabilmente rovinate – evita di comprare i prodotti per la pulizia dove capita su internet, ascolta una cretina ;-) – forse avrei continuato a rimandare. La dottoressa, che collabora con un centro specializzato in chirurgia refrattiva, ha cercato di spingermi a un passo che desideravo fare da quando, intorno ai diciotto anni di età, la mia miopia si aggravò drasticamente, stabilizzandosi in tempi più recenti intorno alle dieci diottrie per occhio: l'intervento che mi avrebbe permesso di dire addio, o perlomeno arrivederci, agli occhiali.
«Ma alla mia età ha ancora senso?», le ho chiesto. «Oramai c'è la presbiopia che incombe, faccio sempre più fatica a leggere le scritte piccole da vicino...».
«Proprio per questo non le correggerei del tutto la miopia, altrimenti dovrebbe passare quasi subito agli occhiali per vicino. Avrà comunque bisogno di un occhiale di bassa gradazione per vederci perfettamente da lontano, ma la qualità della sua vita migliorerà tantissimo».
«Nel senso che potrei abbandonare l'ormai radicata abitudine di inforcare gli occhiali non appena mi alzo dal letto sennò non ci vedo da qui a lì, dice? Davvero interessante, ci penserò».
Ebbene, ci ho pensato... e alla fine, vuoi per i rischi legati a un intervento non certo salvavita che per quanto ridotti rispetto a quando si impiegavano tecniche meno sofisticate non sono mai nulli, vuoi per la necessità di continuare a portare degli occhiali sia pur di bassa gradazione, vuoi anche per il costo non esattamente irrisorio della procedura, ho lasciato perdere. Avrei dovuto darmi una mossa parecchi anni fa, quando abitavo a Pescara, e nella vicina Chieti operava il dottor Leonardo Mastropasqua, un noto luminare del settore.
Comunque, come accennavo, per me è normale vedere tutto sfocato se non porto gli occhiali né le lenti a contatto. Per questo, quando il mio gestore telefonico mi ha invitata a giocare a Indovina Qui(z) sulla relativa app, immaginavo di poter essere avvantaggiata nel riconoscere gli oggetti misteriosi. Povera illusa, che ero.
Durante la partita di martedì scorso, alla prima domanda ho risposto correttamente Notre-Dame...
... ma già dopo la seconda ero fuori gioco perché ho sparato "calamaro" senza pensarci più di tanto. E invece era una medusa.
[P.S.: Il titolo del post rende omaggio alla mai abbastanza compianta Anna Marchesini e a uno dei suoi personaggi più indimenticabili, la signorina Carlo]
Nessun commento:
Posta un commento