Ieri la Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità delle norme che impongono di dare automaticamente ai figli il cognome del padre. La Corte ha già invitato il Parlamento a occuparsi delle nuove leggi sull'attribuzione del cognome ai figli, indicando chiaramente i principi che dovranno seguire: i genitori potranno decidere se dare ai figli solo il cognome del padre, solo quello della madre, oppure entrambi – come peraltro già succede da tempo, in Paesi come la Spagna – nell'ordine che preferiscono.
Insomma, d'ora in poi si potrà scegliere di dare ai propri figli il cognome, o la combinazione di cognomi, che "suona meglio" oppure si adatta meglio al nome prescelto.
Se devo essere sincera, non ho potuto fare a meno di pensare che questa decisione, pur rappresentando senza ombra di dubbio un notevole passo avanti dal punto di vista della parità di genere, introdurrà un inedito motivo di discussione nelle coppie, perlomeno in quelle non abbastanza solide da evitare di farsi mettere in crisi da questioni come questa. Per fare un esempio sul piano personale, a me sarebbe piaciuto sul serio portare il cognome di mia madre, che peraltro si capisce meglio quando lo pronuncio. Ma dubito che papà avrebbe accettato di buon grado di abdicare alla sua consuetudinaria prerogativa di màsculo, né mamma glielo avrebbe chiesto: erano entrambi piuttosto conservatori, della serie «Visto che si è sempre fatto così, perché noi dovremmo fare diversamente?». Va da sé che, nel caso del tutto ipotetico in cui io dovessi avere un figlio, non insisterei di certo per affibbiargli il mio cognome, per lo stesso motivo che spiegavo poco sopra: pure adesso, quando ad esempio telefono per prenotare al ristorante, in genere lascio il cognome del mio compagno, e sorrido quando mi capita di sentirmi chiamare "signora Xxx" anche se non siamo (ancora) sposati. :-)
P.S.: Uno dei motivi per cui taluni reputano sacrosanto che a un neonato venga assegnato prioritariamente oppure esclusivamente il cognome della madre è spiegato dalla locuzione latina «Mater semper certa est, pater numquam». La pagina Wikipedia relativa osserva che «Dal 1978, anno in cui ci fu la prima fecondazione in vitro, il principio del "mater semper certa" non può più venire applicato meccanicamente perché un bambino può avere una madre genetica diversa da quella che l'ha partorito». Ma stiamo scherzando?! Pur non avendo mai vissuto questa esperienza, sono convinta che la maternità vada ben oltre la "meccanica" trasmissione del corredo genetico, e anche solo suggerirlo mi sembra denigratorio nei confronti di tutti i genitori che intraprendono il difficile percorso dell'adozione: se io mi facessi impiantare l'ovulo di un'altra donna fecondato, lo porterei comunque in grembo per nove mesi, con tutto ciò che questo comporta per il fisico e per la salute, e non credo che mi sentirei meno "sua mamma" di quanto accadrebbe se l'ovulo contenesse il mio DNA. Qui il parere della scrittrice e giornalista Lidia Ravera al riguardo.
Quando nacquero le nostre figlie, io e mia moglie parlammo dell'idea di dare ad esse entrambi i nostri cognomi e ci sembrava una bella cosa. Non lo facemmo perché all'epoca (1996) la legge non lo permetteva (è possibile dal 2017 e solo anteponendo quello paterno a quello materno). Non ricordo particolari dissidi in merito, tutt'altro. Mi viene da pensare che se una coppia arriva a litigare seriamente per questo, magari dietro c'è ben altro. Poi non so, è solo un'idea mia.
RispondiEliminaNon è solo un'idea tua, non a caso ho scritto che possono farsi mettere in crisi da questioni come questa solo coppie poco solide. Ma l'osservatorio social mi conferma che la questione può essere abbastanza scottante: molti uomini sono pronti a impuntarsi sulla questione del cognome da tramandare, e nei casi più estremi c'è il rischio che si possa litigare di brutto senza arrivare a un accordo. Ma ovviamente questo non ha nulla a che vedere con te e tua moglie e col vostro esempio davvero ammirevole. :-)
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