Quest'oggi condivido la foto di una pagina di giornale – non sono riuscita a risalire né al periodo né alla testata – trovata sui social: vi si legge una lettera indirizzata da un lettore al giornalista Corrado Augias.
Caro Augias, ricordo ancora la domanda che ci fece il professore di Filosofia il primo giorno di liceo: «A che serve studiare? Chi sa rispondere?». Qualcuno osò rispostine educate («a crescere bene...», «a diventare brave persone...»). Niente, scuoteva la testa. Finché disse: «Ad evadere dal carcere». Ci guardammo stupiti. «L’ignoranza è un carcere – aggiunse –. Perché là dentro non capisci e non sai che fare. In questi cinque anni dobbiamo organizzare la più grande evasione del secolo. Non sarà facile, vi vogliono stupidi ma se scavalcate il muro dell’ignoranza poi capirete senza dover chiedere aiuto. E sarà difficile ingannarvi. Chi ci sta?». Mi è tornato in mente quell’episodio indelebile leggendo che solo un ragazzo su venti capisce un testo. E penso agli altri 19, che faticano ad “evadere” e rischiano l’ergastolo dell’ignoranza. Uno Stato democratico deve salvarli perché è giusto. E perché il rischio poi è immenso: le menti deboli chiedono l’uomo forte.
Notevole, nevvero?
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