Il tono è volutamente provocatorio, soprattutto in alcuni punti che per alcuni potrebbero risultare a dir poco indisponenti... ma io mi ci sono riconosciuta un bel po' – anche se non del tutto, ehi! ;-) – e soprattutto ci ho visto un interessante spunto di riflessione su quanto possa essere difficile trovarsi da soli con sé stessi, soprattutto in questo periodo in cui, essendo venuta meno la solita routine, a molti questo accade più spesso del solito.
Ad essere onesti con sé stessi, bisognerà ammettere che siamo tutti più o meno fatti allo stesso modo. Ad esempio sotto l'aspetto delle cosiddette relazioni umane. Chi di noi ama la gente? Nessuno. Chi di noi non ama la gente non rendendosi conto di essere parte della gente? Nessuno. Ricordo, quando si poteva ancora uscire di casa, quanto fosse bello rientrare alla sera e poter dire «Stasera non voglio vedere un c***o di nessuno». Questa pandemia, oltre a tantissimi altri drammi senza dubbio molto più importanti, ha creato anche questo spaventoso effetto collaterale delle elemosine sociali: gente dura, intransigente, che tanto avevamo stimato, ora ce la ritroviamo piagnucolante sulle chatroom, sui party online, su WhatsApp, o peggio ancora sul terrazzo di casa, ad implorare un aperitivo, o qualsiasi altra cosa si avvicini anche in maniera molto scadente alla socialità. Il momento è epocale: finalmente, forse per la prima volta, riusciamo a comprendere gli anziani, quando vivono chiusi in casa. Questo processo di immedesimazione negli anziani non accadeva dai tempi della moda del ramen: un brodo, una minestra adatta a chi ha problemi di masticazione, con la sola differenza che c'è la salsa di soia e qualche altra p***anata tropicale. L'entusiasmo nei confronti delle videochat di gruppo dimostra quanto in realtà, pur disprezzando normalmente la presenza di altre persone, siamo disposte a sopportarle in certe circostanze, pur di non avere a che fare con noi stessi, pur di non dovercene restare più di qualche ora con quella persona c*******o che è la nostra. Una persona molto intransigente, la nostra, con la quale, anche se magari uno non se lo aspetterebbe, non abbiamo molta confidenza. Eppure ce la troviamo per casa nei momenti più improbabili. A volte abbiamo i deliri di onnipotenza, la sopravvalutiamo. Nella maggior parte dei casi, invece, la detestiamo, perché sappiamo che quella persona lì, la nostra, è responsabile della maggior parte dei nostri problemi. Ma soprattutto sappiamo che non è facile tenere occupata una persona del genere, e distrarla in questo delicato momento che stiamo attraversando. Un momento in cui uno si trova in casa, appunto, solo con la propria persona a dovere addirittura, per assurdo, pensare alla propria vita, traendone magari delle conclusioni che potrebbero essere disastrose. Come sarebbe bello se, anziché lanciarci in relazioni di sostegno, trovassimo una mediazione, una sorta di dialogo con noi stessi in questi giorni, in modo da trovarci pronti, quando sarà il momento, a ritrovarci ancora più asociali. Ma per fare questo bisognerebbe imparare a volersi bene, e io credo di non aver mai conosciuto una persona che sia ben fornita di amor proprio. Spesso ci vogliamo male anche senza accorgercene. Ci diciamo e ripetiamo delle frasi che diventano come dei mantra, delle frasi che dovrebbero dimostrarci amor proprio, e invece no. Personalmente, ad esempio, mi ripeto sempre la stessa frase: «Rilassati, rilassati...». Cosa c'è di peggio, per una persona ansiosa, sentirsi ripetere da sé stessa «Rilassati»? Eppure non posso prescindere: trattarsi male è nei nostri geni, evidentemente. Quindi è inutile continuare a leggere quei libri zen in cui scrivono «Dobbiamo volerci bene». È inutile, noi non lo faremo, non abbiamo tempo: abbiamo altro a cui pensare in questo periodo, tipo... tipo...?
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