Il vicedirettore de La Stampa Massimo Gramellini ha dedicato il suo Buongiorno odierno al cartello che puoi vedere qui accanto, «immortalato dal telefono di un lettore nei corridoi del tribunale di un'importante città del nord». Come puoi notare, nel giro di appena un paio di righe il perentorio divieto di fumare viene espresso a caratteri cubitali e subito dopo ridimensionato in modo drastico dalla preghiera vivamente rivolta agli eventuali trasgressori: quella di «spegnere le sigarette negli APPOSITI POSACENERE e NON sui pavimenti». Il giornalista conclude ipotizzando ironicamente che siano state le ridotte dimensioni del cartello ad impedire l'aggiunta dell'avvertenza: «Gli eventuali spegnitori di cicche sul pavimento sono vivamente pregati di non dare fuoco all'edificio. Grazie». ;-)
C'è chi su Facebook ha riservato alla presunta banalità dell'articoletto un certo sarcasmo, che io però non condivido: in fondo Gramellini si occupa (anche) di costume, che diamine! :-) Ed è un tipico (mal)costume italiano, quello di infischiarsene dei divieti: perché mai per disincentivare in modo efficace l'accensione di sigarette i nostri cartelli devono riportare scritte del tipo «È severamente vietato fumare», mentre gli anglofoni se la cavano con un essenziale No smoking, tutt'al più addolcito dal please? Se è vietato è vietato, punto: qualsiasi avverbio che ribadisca il concetto suona abbastanza pleonastico. Beh, a pensarci bene magari suona come tale alle mie orecchie di persona piuttosto ligia alle regole, non al duro comprendonio del famigerato "italiano medio"...
Dell'abuso di divieti severi se ne parla anche in questo post che ho serendipitevolmente trovato googlando.
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