La sottoscritta si considera per natura tendenzialmente guardinga nei confronti delle persone e delle situazioni sconosciute... ma, quando a un certo punto sento di potermi fidare, capita che mi lasci andare così tanto da mettere a riposo perfino il comune buonsenso di default. Questo, unitamente all'indole distratta e sbadata che mi è propria fin da quando ero bambina, mi porta ahimè a prendere delle tranvate colossali, tanto più dolorose perché del tutto inaspettate. Solo negli ultimi due anni ne ho beccate almeno un paio, l'ultima nei giorni scorsi, di natura e di entità nettamente diversa l'una dall'altra, ma entrambe tutt'altro che facili da digerire.
Di sicuro tutto quanto mi servirà di lezione. Comunque non vorrei mai, alla lunga, arrivare al punto di diffidare di tutto e di tutti sul serio, e senza possibilità di appello. Perché sarebbe una vita a metà, vivere con il freno a mano tirato. E invece io voglio continuare a fidarmi del prossimo... purché se lo meriti, ovvio: mi auguro proprio che le batoste ricevute finora siano state sufficienti ad affinare decentemente la mia capacità di intuire a chi o a cosa posso concedere con tranquillità la mia fiducia, e in quali casi al contrario sarebbe meglio andarci più cauta.
Nel film Finalmente la felicità di Leonardo Pieraccioni, il protagonista si impegna a "giocare" a memoria e fiducia con la sua sorella adottiva a distanza. Ma quanto sarebbe bello potersi buttare – metaforicamente, s'intende – senza timore di scegliere la finestra sbagliata e confidando che si atterrerà sul morbido...? :-)
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