Quando stamattina ho acceso il pc, ho trovato i social network in fermento per una notizia: la scorsa notte la casa del Grande Fratello a Cinecittà, che a partire dal 23 gennaio prossimo avrebbe dovuto ospitare dopo un anno di pausa la tredicesima edizione italiana del popolare reality show, è stata distrutta da un incendio di grosse proporzioni, probabilmente di origine dolosa. Il gaudio della maggior parte degli utenti era palpabile, e veniva espresso in forme più o meno moderate: «Eh, queste sì che sono disgrazie... :-D», «Non si è fatto male nessuno, quindi possiamo esultare!», «Se i "forconi" rivendicano, scendo in piazza con loro! ;-)», «Un incendio distrugge la casa del Grande Fratello. E io che credevo di essere ateo», «Non potevate aspettare un altro mese...?». Devo ammettere che le battute di per sé non sono male... ciononostante mi dà abbastanza fastidio che si scherzi su certe cose, a maggior ragione poi se dovesse trattarsi davvero di un atto doloso. Sia ben chiaro, io il Grande Fratello non lo seguo nemmeno per sbaglio da quasi un decennio, l'anno scorso ho tirato un sospiro di sollievo quando la dodicesima edizione è stata ridotta a 24 puntate dalle 30 previste a causa degli ascolti molto bassi, e speravo che il dio Auditel ci avesse liberati per sempre da una simile piaga: già, il GF lo reputo un programma diseducativo e squallido (sì, squallido) come pochi, poiché promuove quant'altri mai il culto dell'apparenza e della facile popolarità a scapito del merito e del talento... e oltretutto, da quando qualche estate fa lessi il romanzo 1984 di George Orwell, continuo a domandarmi come si possa giocare sull'idea di venire spiati ventiquattr'ore su ventiquattro (sono convinta che prima o poi ci si arriverà anche nella vita reale, ma per allora spero che sarò già morta e sepolta :-/). Trovo però molto triste che ci sia voluto un incendio per porre fine a tutto questo... sempre che di qui a un mese non si riesca a ricostruire la Caaasa (copyright Daria Bignardi) o più verosimilmente a trovare una location alternativa; in caso contrario a rimetterci non sarebbe tanto Berlusconi, pensaci, quanto le decine di persone che ci lavorano. Se poi la natura dolosa dell'incendio dovesse venire accertata, la faccenda si farebbe decisamente seria...
Riflettiamoci: il vero problema non è il Grande Fratello in sé, bensì le ragioni che ne hanno decretato il successo. Da una parte ci sono migliaia di persone che si accalcano ai provini sperando con tutto il cuore di essere scelte, perché vedono la partecipazione a un programma televisivo così seguito come l'occasione della vita, che regalerà loro ricchezza e notorietà. Quest'ultima alquanto effimera, a ben vedere: tra le centinaia di concorrenti delle passate edizioni, quelli che hanno realmente sfondato si contano forse sulle dita di una mano (al momento mi vengono in mente solo Luca Argentero e il compianto Pietro Taricone, figuriamoci). Dall'altra parte del teleschermo invece ci sono milioni (in diminuzione, ma pur sempre troppi) di telespettatori dediti a trarre diletto dal fare i voyeur di una situazione che viene spacciata per reale, mentre di fatto è fintissima e costruita a tavolino fin nei minimi dettagli. Non posso certo definirmi una grande estimatrice di Alessandro Cecchi Paone, ma quella volta che, alla cerimonia di premiazione dell'edizione 2001 dei Telegatti, il giornalista protestò in maniera plateale perché il Grande Fratello era stato inserito nella categoria Costume e Cultura assieme a La macchina del tempo da lui condotta e a Quark, peraltro vincendo poi il Telegatto, lo appoggiai al cento per cento. E si trattava della prima edizione del reality, la quale almeno aveva dalla sua il fattore novità a renderla in qualche modo interessante, e forse è stata relativamente la più autentica e la "meno peggio" dal punto di vista qualitativo...
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