Mi ritrovo ad occuparmi di cinema per il secondo giorno consecutivo... ma quanno ce vo' ce vo'! ;-) Il film di cui parlo oggi è uscito giovedì scorso, e credo e spero che non lo toglieranno così presto dalla programmazione, ma non vedevo l'ora di consigliare a chiunque di andarlo a vedere: mi riferisco a La mafia uccide solo d'estate, che rappresenta l'esordio dietro la macchina da presa di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif (un soprannome che gli affibbiò Marco Berry, suo collega ai tempi de Le Iene). Il protagonista Arturo (Pif) si presenta così: «La mafia a Palermo ha sempre influenzato la vita di tutti, e in particolar modo la mia». In effetti l'influsso di Cosa Nostra ha segnato l'esistenza di Arturo fin dal concepimento... e lo spettatore ripercorre la sua storia personale scandita da sanguinosi fatti di cronaca rimasti nella memoria collettiva: come dimenticare le stragi di Capaci e di via D'Amelio che costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, colpevoli di aver reso chiaro a tutti che la mafia era (ed è) una realtà, a dispetto di chi faceva finta di non vedere. Le scene girate da Pif sono inframmezzate da brevi filmati di repertorio relativi a drammatici episodi della storia d'Italia degli ultimi decenni. Al filone dedicato alla criminalità organizzata se ne intreccia un altro di natura sentimentale: il rapporto con Flora, di cui il protagonista è perdutamente innamorato fin da quando erano bambini.
A fare la differenza tra questo e tutti gli altri film sulla mafia è il registro utilizzato: una tematica così dolorosa è trattata con ironia e leggerezza, mettendo in scena situazioni al limite dell'assurdo (per dirne una: un ragazzino che sceglie come idolo... Giulio Andreotti, ma dai! ;-)). Forse chi non ha visto il film stenterà a capacitarsene, ma io credo si possa affermare che un simile approccio è straordinariamente efficace nel far arrivare il messaggio al cuore dello spettatore, e perciò denota una grande intelligenza e sensibilità da parte di Pif (il film è nato da una sua idea). Se il magistrato e presidente del Senato Pietro Grasso, siciliano doc, l'ha definito «il film sulla mafia più bello che abbia mai visto», ci sarà un perché... :-)
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