domenica 13 settembre 2009
Magari fosse soltanto una questione lessicale...
Dicesi fobia «un'irrazionale e persistente paura e repulsione di certe situazioni, oggetti, attività o persone, che può, nei casi più gravi, limitare l'autonomia del soggetto. [...] Il sintomo principale di questo disturbo è l'irrefrenabile desiderio di evitare l'oggetto che incute timore». Stando così le cose, a me sembra proprio che il termine omofobia, coniato nel 1971 dallo psicologo clinico George Weinberg, nel senso in cui viene comunemente utilizzato oggi abbia assai poco a che vedere con fobie come la claustrofobia o l'aracnofobia. Sorvolando per un attimo su quale sia il soggetto di cui viene più pesantemente limitata l'autonomia... non ho dubbi sul fatto che gli omosessuali, se proprio dovessero scegliere, preferirebbero senz'altro essere evitati piuttosto che pestati a sangue come è successo a un ragazzo a Firenze, poche ore dopo la fiaccolata contro l'omo/transfobia che aveva coinvolto centinaia di persone. Metilparaben ha messo insieme alcuni recenti titoli di notizie accomunate da uno sfavorevole (per usare un pallido eufemismo) atteggiamento nei confronti dei gay.
I casi stanno diventando sempre maggiori e nessun politico sembra preoccuparsi di questo.
RispondiEliminaGià ... è più facile che contribuiscano ad alimentare questo clima di intolleranza ormai insostenibile, piuttosto che impegnarsi per contrastarlo.
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